Si amplia l'inchiesta giudiziaria su Expo e vie d'acqua.
Ora Antonio Acerbo finisce agli arresti domiciliari unitamente a Domenico Maltauro, collaboratore "esterno" della soc. Maltauro e Andrea Castellotti della soc. Tagliabue.
Insomma Expo oltre a "mangiare la terra" continua a dimostrarsi un pozzo senza fondo per la corruzione e il malaffare. Ricordiamo che la Maltauro è presente anche nel raggruppamento di imprese che sta realizzando la Pedemontana.
Expo, ai domiciliari Antonio Acerbo,
ex responsabile del Padiglione Italia
Milano. Nuova tegola giudiziaria. Arrestato il top manager già indagato per turbativa d'asta e corruzione. Lo stesso provvedimento colpisce un imprenditore e un manager. Il presidente dell'Autorità nazionale anti corruzione, Raffaele Cantone, adesso potrebbe decidere di commissariare le cosiddette "Vie d'Acqua", l'opera più contestata dell'esposizione universale che comunque verrà ultimata solo dopo il 2015.
Tutti tengono famiglia in questo paese. Dunque anche Antonio Acerbo, l’ex responsabile del Padiglione Italia dell’Expo ed ex commissario delegato per il contestatissimo progetto delle “Vie d’Acqua”, finito ieri agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta condotta dai pm di Milano Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio. Lo stesso provvedimento è scattato anche per l’imprenditore vicentino Domenico Maltauro e per Andrea Castellotti, manager della società Tagliabue. Secondo il gip del Tribunale, i tre potrebbero “commettere ulteriori reati della stessa specie”.
Antonio Acerbo, che era già finito nel registro degli indagati per corruzione e turbativa d’asta, e che il 2 ottobre si era dimesso dalla carica di commissario, pare abbia truccato le gare d’appalto in cambio di consulenze per il suo figliolo (Livio). Secondo i pm non si intascava i soldi ma pretendeva lucrosi contratti per le società del suo erede, e agli atti ci sarebbe la confessione dell’ad della società Tagliabue. Prima che top manager, è un padre. Intanto, l’impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro ribadisce “la propria estraneità ai fatti” scrivendo che “Domenico Maltauro non è dipendente dell’impresa e non riveste all’interno della medesima né di altre società del gruppo alcuna funzione, essendo titolare di una propria attività imprenditoriale con la quale collabora con l’impresa Giuseppe Maltauro”. Ecco un altro problema di famiglia, ma su scala aziendale.
L’ipotesi della Procura di Milano — e l’evidente complicarsi della situazione per uno dei manager più importanti nominati per gestire l’esposizione universale che comincerà fra sei mesi — forse obbligherà il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone a prendere, finalmente, una decisione operativa. Tanto che ormai appare “probabile” il commissariamento di uno dei tanti progetti inutilmente faraonici pensati (male) per l’Expo milanese, le cosiddette “Vie d’Acqua”, l’opera che più di altre ha provocato contestazioni dal basso mobilitando cittadini, centri sociali e associazioni. Giro d’affari stimato: più di 100 per collegare il sito dell’esposizione con la Darsena di Milano, obiettivo che comunque a causa del ritardo nei lavori sarà raggiunto (forse) dopo l’esposizione. “Potrebbe essere commissariato”, ma non è detto, perché Raffaele Cantone, come sempre, prima di prendere una decisione vuole vederci chiaro. Significa che anche questa volta bisognerà attendere “una attenta lettura dell’ordinanza” prima dell’eventuale commissariamento della commessa vinta dalla Maltauro. Potrebbe essere risolutiva la riunione convocata dal governo che si svolgerà domani pomeriggio a Milano per fare il punto sull’Expo, ci saranno il ministro Maurizio Martina, lo stesso Cantone, il commissario unico di Expo Giuseppe Sala, il commissario di Padiglione Italia Diana Bracco, e poi Bobo Maroni e Giuliano Pisapia.
Ma è improbabile che questa nuova “tegola” possa agitare più di tanto i vertici della politica milanese e lombarda. La vicesindaco di Milano, Lucia De Cesaris, è stata piuttosto chiara: “Si parla di un capitolo già chiuso, la persona era già fuori grazie anche a una forte presa di posizione del sindaco Pisapia. Il sindaco, infatti, aveva chiesto ad Acerbo “un passo indietro” per “salvaguardare la reputazione del nostro paese”. Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, invece non ha nessun commento da fare. Né può preoccupare la provocatoria proposta del portavoce del M5S in regione, Andrea Fiasconaro, secondo cui gli italiani dovrebbero almeno essere esentati dal pagare il biglietto per visitare i padiglioni di Rho-Pero: “Abbiamo già pagato abbondantemente per Expo in corruzione, malaffare, tangenti e denaro pubblico, i cittadini onesti e la società sana è vessata da un carico fiscale eccessivo anche a causa della corruzione che ruota intorno ai nostri eventi e che ci rende il paese più corrotto d’Europa”.
E comunque, quand’anche fossimo in buona o pessima compagnia, lo stesso Raffaele Cantone ha precisato che l’Enac non può fare alcuna verifica sugli appalti dei padiglioni stranieri, cioè sulla stragrande maggioranza dei lavori in corso (si sta lavorando giorno e notte per non correre il rischio di fare una figuraccia mondiale). “Ci siamo posti questo problema — ha ammesso Cantone — e con il prefetto abbiamo chiesto agli amministratori stranieri di effettuare controlli. Con alcuni paesi stranieri, pochi a dire il vero, abbiamo raggiunto un’intesa: laddove ci sono ostative vengono segnalate alla stazione appaltante, ma rimane comunque un sistema poco efficiente”.
Tutti tengono famiglia in questo paese. Dunque anche Antonio Acerbo, l’ex responsabile del Padiglione Italia dell’Expo ed ex commissario delegato per il contestatissimo progetto delle “Vie d’Acqua”, finito ieri agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta condotta dai pm di Milano Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio. Lo stesso provvedimento è scattato anche per l’imprenditore vicentino Domenico Maltauro e per Andrea Castellotti, manager della società Tagliabue. Secondo il gip del Tribunale, i tre potrebbero “commettere ulteriori reati della stessa specie”.
Antonio Acerbo, che era già finito nel registro degli indagati per corruzione e turbativa d’asta, e che il 2 ottobre si era dimesso dalla carica di commissario, pare abbia truccato le gare d’appalto in cambio di consulenze per il suo figliolo (Livio). Secondo i pm non si intascava i soldi ma pretendeva lucrosi contratti per le società del suo erede, e agli atti ci sarebbe la confessione dell’ad della società Tagliabue. Prima che top manager, è un padre. Intanto, l’impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro ribadisce “la propria estraneità ai fatti” scrivendo che “Domenico Maltauro non è dipendente dell’impresa e non riveste all’interno della medesima né di altre società del gruppo alcuna funzione, essendo titolare di una propria attività imprenditoriale con la quale collabora con l’impresa Giuseppe Maltauro”. Ecco un altro problema di famiglia, ma su scala aziendale.
L’ipotesi della Procura di Milano — e l’evidente complicarsi della situazione per uno dei manager più importanti nominati per gestire l’esposizione universale che comincerà fra sei mesi — forse obbligherà il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone a prendere, finalmente, una decisione operativa. Tanto che ormai appare “probabile” il commissariamento di uno dei tanti progetti inutilmente faraonici pensati (male) per l’Expo milanese, le cosiddette “Vie d’Acqua”, l’opera che più di altre ha provocato contestazioni dal basso mobilitando cittadini, centri sociali e associazioni. Giro d’affari stimato: più di 100 per collegare il sito dell’esposizione con la Darsena di Milano, obiettivo che comunque a causa del ritardo nei lavori sarà raggiunto (forse) dopo l’esposizione. “Potrebbe essere commissariato”, ma non è detto, perché Raffaele Cantone, come sempre, prima di prendere una decisione vuole vederci chiaro. Significa che anche questa volta bisognerà attendere “una attenta lettura dell’ordinanza” prima dell’eventuale commissariamento della commessa vinta dalla Maltauro. Potrebbe essere risolutiva la riunione convocata dal governo che si svolgerà domani pomeriggio a Milano per fare il punto sull’Expo, ci saranno il ministro Maurizio Martina, lo stesso Cantone, il commissario unico di Expo Giuseppe Sala, il commissario di Padiglione Italia Diana Bracco, e poi Bobo Maroni e Giuliano Pisapia.
Ma è improbabile che questa nuova “tegola” possa agitare più di tanto i vertici della politica milanese e lombarda. La vicesindaco di Milano, Lucia De Cesaris, è stata piuttosto chiara: “Si parla di un capitolo già chiuso, la persona era già fuori grazie anche a una forte presa di posizione del sindaco Pisapia. Il sindaco, infatti, aveva chiesto ad Acerbo “un passo indietro” per “salvaguardare la reputazione del nostro paese”. Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, invece non ha nessun commento da fare. Né può preoccupare la provocatoria proposta del portavoce del M5S in regione, Andrea Fiasconaro, secondo cui gli italiani dovrebbero almeno essere esentati dal pagare il biglietto per visitare i padiglioni di Rho-Pero: “Abbiamo già pagato abbondantemente per Expo in corruzione, malaffare, tangenti e denaro pubblico, i cittadini onesti e la società sana è vessata da un carico fiscale eccessivo anche a causa della corruzione che ruota intorno ai nostri eventi e che ci rende il paese più corrotto d’Europa”.
E comunque, quand’anche fossimo in buona o pessima compagnia, lo stesso Raffaele Cantone ha precisato che l’Enac non può fare alcuna verifica sugli appalti dei padiglioni stranieri, cioè sulla stragrande maggioranza dei lavori in corso (si sta lavorando giorno e notte per non correre il rischio di fare una figuraccia mondiale). “Ci siamo posti questo problema — ha ammesso Cantone — e con il prefetto abbiamo chiesto agli amministratori stranieri di effettuare controlli. Con alcuni paesi stranieri, pochi a dire il vero, abbiamo raggiunto un’intesa: laddove ci sono ostative vengono segnalate alla stazione appaltante, ma rimane comunque un sistema poco efficiente”.
Da il Fatto Quotidiano
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