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CRONACHE DA CHI SI IMPEGNA A CAMBIARE IL PAESE DEI CACHI E DEI PIDUISTI.
"Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente,
ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere,
se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?"
Antonio Gramsci-politico e filosofo (1891-1937)
OMAGGIO ALLA RESISTENZA.
Ciao Dario, Maestro, indimenticabile uomo, innovativo, mai banale e sempre in prima fila sulle questioni sociali e politiche.
Ora sei di nuovo con Franca e per sempre nei nostri cuori.

"In tutta la mia vita non ho mai scritto niente per divertire e basta.
Ho sempre cercato di mettere dentro i miei testi quella crepa capace di mandare in crisi le certezze, di mettere in forse le opinioni, di suscitare indignazione, di aprire un po' le teste.
Tutto il resto, la bellezza per la bellezza, non mi interessa."

(da Il mondo secondo Fo)

giovedì 30 ottobre 2014

IL BEL PAESE ..... DEL CEMENTO E DEL VUOTO



Una marea di case VUOTE. E' quello che risulta dai rapporti ISTAT a seguire il censimento del 2011.
Un patrimonio e una volumetria INUTILIZZATA, edifici costruiti non per soddisfare le esigenze abitative, ma per mera speculazione, con un consumo di suolo da brivido.
Eppure, con il decreto Sblocca Italia il governo Renzi continua ad avvallare nuove edificazioni e, spesso, anche nei PGT i Sindaci non hanno il coraggio di stoppare questo obbrobrio, dando priorità alla saturazione del vuoto prima di consentire nuove edificazioni.

Un articolo de Il Manifesto che fa un'analisi impietosa della situazione italiana.


Il Belpaese affoga in un mare di case

Dati choc. 7 milioni di abitazioni vuote (una su quattro) e oltre 9 miliardi di metri cubi edificati invano... A dispetto del declino demografico e socioeconomico, nel Belpaese si continua a costruire. Ora grazie anche allo «Sblocca Italia», che arriva a strumentalizzare dissesti e tragedie per avallare nuove cementificazioni. E al Meridione il quadro peggiora.
Ormai ad ogni tem­po­rale un po’ più deciso si rischia il disa­stro; e non solo nelle situa­zioni come Genova in cui l’idiozia urba­ni­stica ha negato l’assetto eco­mor­fo­lo­gico, ma dap­per­tutto, in quel che resta del Belpaese.
Il com­bi­nato tra sur­plus di ener­gia e entro­pia atmo­sfe­rica da muta­zione cli­ma­tica e sfa­scio del ter­ri­to­rio da iper­ce­men­ti­fi­ca­zione gene­ra­liz­zata si rivela micidiale.
Il primo dato che emerge è la forte inten­si­fi­ca­zione del con­sumo di suolo; rad­dop­piato nell’ultimo ven­ten­nio. Il con­tral­tare di ciò — che signi­fica distru­zione di eco­si­stemi e assetti idro­geo­lo­gici e quindi dis­se­sti, oltre che per­dita di pae­sag­gio– è costi­tuito dall’abnorme quota di volumi vuoti – non solo resi­den­ziali – che sono stati rea­liz­zati nelle città e nei paesi italiani.
L’Istat che ha ormai con­cluso l’elaborazione dei dati del cen­si­mento 2011 mostra che siamo di fronte a un patri­mo­nio inu­ti­liz­zato di sva­riati milioni di stanze e di quasi 20 miliardi di metri cubi per volumetrie.
Gli appar­ta­menti inu­ti­liz­zati sono più di 7 milioni: in attesa del dato esatto rela­tivo ai vani, infatti, ipo­tiz­zando un’ampiezza media di 2,8 stanze per appar­ta­mento, si rive­lano ten­den­zial­mente esatte le stime degli osser­va­tori legati al Forum Sal­viamo il Pae­sag­gio (circa 20 milioni).

Un “salto” significativo
L’aumento di vuoto nel decen­nio è stato pari al 350%. Rife­ren­dosi ai dati del cen­si­mento 2001, qual­che anno fa la Fillea-Cgil, infatti, soste­neva «in Ita­lia abbiamo oltre 2 milioni di abi­ta­zioni vuote, solo a Roma sono circa l’8% dell’intero patri­mo­nio abi­ta­tivo, 82.812 immo­bili». Tut­ta­via più che il dato appa­riva già con­si­stente e signi­fi­ca­tivo il “salto” di ordine di grandezza.
«Il numero di stanze per abi­tante è nel nostro paese tra i più ele­vati. Pur tut­ta­via l’accesso alla casa rimane un pro­blema di non facile solu­zione per­lo­meno per i gio­vani e per gli immi­grati in ambiente urbano. Il para­dosso è che le nostre città pur essendo – se si eccet­tuano i qua­li­fi­cati cen­tri sto­rici e qual­che isola di buona edi­li­zia degli anni ’50 e ’60 – un enorme ammasso di case più che uno spa­zio urbano non sono in grado di dare rispo­sta alla domande di case a buon mer­cato (e non neces­sa­ria­mente a canone sociale)» – sot­to­li­nea­vano gli urba­ni­sti del poli­tec­nico di Milano Arturo Lan­zani e Gabriele Pasqui, nel 2011.

I numeri sono clamorosi
I dati con­clu­sivi for­niti oggi dall’Istat, rife­riti al cen­si­mento ultimo sono cla­mo­rosi: oggi il numero degli edi­fici pre­senti sul ter­ri­to­rio nazio­nale è pari a circa 14,5 milioni per poco più di 31 milioni di appar­ta­menti resi­den­ziali. In attesa di avere il dato netto circa le volu­me­trie e le stanze, appare accet­ta­bile la stima — assai pru­den­ziale — di almeno 18 miliardi di mc edi­fi­cati, di cui 15,5 mld (84,3%) di metri cubi resi­den­ziali; lad­dove il fab­bi­so­gno nazio­nale aggre­gato è di 6,2 mld di mc (siamo 62 milioni di per­sone, inclu­dendo una stima molto lar­gheg­giante anche degli immi­grati non censiti).
Le Regioni meri­dio­nali esa­spe­rano il qua­dro nazio­nale: la Cam­pa­nia pre­senta circa 1 milione di edi­fici, di cui 65.000 vuoti e inu­ti­liz­zati per una popo­la­zione di 5.760.000 abi­tanti, la Puglia rispet­ti­va­mente 1.100.000 e 54.200 per 4 milioni ca di abi­tanti, la Basi­li­cata 117.000 e 11.700 per 580.000 abi­tanti, la Sici­lia 1.722.000 e 132.000 per circa 5 milioni di abi­tanti, la Cala­bria 750.000 e 90.000 (1.250.000 e 420.000 alloggi) per poco meno di 2 milioni di abi­tanti (il 40% del patri­mo­nio resi­den­ziale è vuoto e in molti paesi dell’interno ormai esi­stono più case che abi­tanti !); la Sar­de­gna risente della cogenza del Piano Pae­sag­gi­stico, recen­tis­si­ma­mente ripri­sti­nata, e pre­senta “solo” 570.000 edi­fici, di cui 70.000 vuoti o inu­ti­liz­zati, per 1.640.000 abitanti.
Il dato rela­tivo agli appar­ta­menti vuoti – o scar­sa­mente uti­liz­zati– è stra­bi­liante: quasi un allog­gio su quat­tro è vuoto, con una ”punta” pre­sen­tata ancora dalla Cala­bria con una quota pari al 40%; seguono Sici­lia e Sar­de­gna con circa il 30% del patri­mo­nio abi­ta­tivo inu­ti­liz­zato, ancora in Pie­monte 1 allog­gio su 4 è vuoto, lad­dove in Veneto e Toscana il rap­porto è di uno su cin­que circa poco meno del Lazio (22%) e poco più della Lom­bar­dia (16%).

40 mila stanze di troppo
Per quanto riguarda le città, anche in attesa del dato finale , si pos­sono con­si­de­rare con­si­stenti le pro­ie­zioni par­ziali, che pre­sen­tano quote di vani vuoti supe­riori a 100.000 a Torino, Milano e Roma, poco meno a Napoli, decine di migliaia nelle città di Vene­zia , Padova, Bolo­gna, Firenze e Genova. In diverse città del sud il numero dei vani costruiti supera quello degli abi­tanti (ancora in Cala­bria, a Reg­gio, il “top” con 40.000 stanze in più dei resi­denti!), in molte aree interne, non solo meri­dio­nali, gli edi­fici sono più degli abitanti.
Emerge una con­si­de­ra­zione: solo fino a venti anni fa il dato forse più signi­fi­ca­tivo era il rap­porto abitanti/stanze; con il cen­si­mento 2001, per l’emergere della “cascata di case”, oltre alla rile­vanza di aspetti più socio­lo­gici, quale la ten­den­ziale forte cre­scita delle fami­glie mono­nu­cleari, è apparso con­si­stente par­lare in ter­mini di abitante/appartamento. Oggi diventa signi­fi­ca­tivo e ico­nico il rap­porto abitante/edificio.
In Pie­monte abbiamo poco più di 3 abi­tanti per edi­fi­cio, in Lom­bar­dia poco meno di 5, in Toscana poco più di 4, nel Lazio all’incirca 5.
Nelle regioni meri­dio­nali abbiamo addi­rit­tura meno di 3 abi­tanti per edi­fi­cio in Sar­de­gna e in Sici­lia, 2,5 in Cala­bria (!), 5 in Cam­pa­nia, 3,2 in Basi­li­cata, poco meno di 4 in Puglia, che è in linea con il dato medio nazionale.

Una ren­dita sem­pre più finanziaria
Ci siamo chie­sti a lungo per­ché nel nostro paese si con­ti­nuasse a costruire, a dispetto del declino demo­gra­fico (la quota di immi­gra­zione appare tut­tora rela­tiva) e socioeconomico.
La spie­ga­zione è stata for­nita dagli stu­diosi di mar­ke­ting immo­bi­liare: da tempo non si costrui­sce più per la domanda sociale (che infatti — nono­stante tutto il patri­mo­nio vuoto citato — resta in parte ine­vasa): la ren­dita fon­dia­ria, poi immo­bi­liare si è tra­sfor­mata sem­pre più in finan­zia­ria. I «nuovi vani» dove­vano costi­tuire le «basi con­crete» per «costru­zioni vir­tuali» di fondi d’investimento o rispar­mio gestito. A parte la quota di edi­fi­cato — «lavan­de­ria», ovvero fina­liz­zata al rici­clag­gio di capi­tale ille­gale, facil­mente intrec­ciata al primo.
La schi­zo­fre­nia delle poli­ti­che urba­ni­sti­che delle ultime fasi ha lar­ga­mente favo­rito tutto ciò, con acce­le­ra­zioni da parte del pre­sente governo.
A parte i goffi ten­ta­tivi di rein­ter­pre­tare i dis­se­sti da sfa­scio come «inef­fi­cienza buro­cra­tica per man­cata rea­liz­za­zione di opere» e stru­men­ta­liz­zare anche i disa­stri per segui­tare a sfa­sciare il ter­ri­to­rio, le poli­ti­che di tutela e atten­zione all’ambiente e al pae­sag­gio sono solo dichia­rate: in realtà si tenta di con­ti­nuare ad aggi­rarle per rea­liz­zare nuove “Grandi opere inu­tili” e cemen­ti­fi­ca­zioni; come dimo­strano lo «Sblocca Ita­lia» e il ddl Lupi, da can­cel­lare subito. Lad­dove ciò che è neces­sa­rio è costi­tuito dal recu­pero dell’enorme patri­mo­nio, degra­dato e inu­ti­liz­zato (con oppor­tuni stru­menti di accesso anche al patri­mo­nio pri­vato e equi pre­lievi fiscali, soprat­tutto sul vuoto, gran parte del quale è oggi esen­tasse per­ché «bene desti­nato alla vendita»).
Una poli­tica che inte­gri anche l’altra emer­genza asso­luta rap­pre­sen­tata dal risa­na­mento del ter­ri­to­rio nazio­nale; per cui ser­vono 50 miliardi di euro: altro che i tre dichia­rati — a fronte dei 200 milioni scarsi real­mente dispo­ni­bili — da Renzi.

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