Un patrimonio e una volumetria
INUTILIZZATA, edifici costruiti non per soddisfare le esigenze
abitative, ma per mera speculazione, con un consumo di suolo da brivido.
Eppure, con il decreto Sblocca Italia il governo Renzi continua ad avvallare nuove edificazioni e, spesso, anche nei PGT i Sindaci non hanno il coraggio di stoppare questo obbrobrio, dando priorità alla saturazione del vuoto prima di consentire nuove edificazioni.
Un articolo de Il Manifesto che fa un'analisi impietosa della situazione italiana.
Il Belpaese affoga in un mare di case
Dati choc. 7
milioni di abitazioni vuote (una su quattro) e oltre 9 miliardi di metri
cubi edificati invano... A dispetto del declino demografico e
socioeconomico, nel Belpaese si continua a costruire. Ora grazie anche
allo «Sblocca Italia», che arriva a strumentalizzare dissesti e tragedie
per avallare nuove cementificazioni. E al Meridione il quadro peggiora.
Ormai ad ogni temporale un po’ più deciso si rischia il
disastro; e non solo nelle situazioni come Genova in cui l’idiozia
urbanistica ha negato l’assetto ecomorfologico, ma dappertutto,
in quel che resta del Belpaese.
Il combinato tra surplus di energia e entropia atmosferica da
mutazione climatica e sfascio del territorio da
ipercementificazione generalizzata si rivela micidiale.
Il primo dato che emerge è la forte intensificazione del consumo
di suolo; raddoppiato nell’ultimo ventennio. Il contraltare di
ciò — che significa distruzione di ecosistemi e assetti
idrogeologici e quindi dissesti, oltre che perdita di paesaggio–
è costituito dall’abnorme quota di volumi vuoti – non solo
residenziali – che sono stati realizzati nelle città e nei paesi
italiani.
L’Istat che ha ormai concluso l’elaborazione dei dati del
censimento 2011 mostra che siamo di fronte a un patrimonio
inutilizzato di svariati milioni di stanze e di quasi 20 miliardi di
metri cubi per volumetrie.
Gli appartamenti inutilizzati sono più di 7 milioni: in attesa
del dato esatto relativo ai vani, infatti, ipotizzando un’ampiezza
media di 2,8 stanze per appartamento, si rivelano tendenzialmente
esatte le stime degli osservatori legati al Forum Salviamo il
Paesaggio (circa 20 milioni).
Un “salto” significativo
L’aumento di vuoto nel decennio è stato pari al 350%. Riferendosi
ai dati del censimento 2001, qualche anno fa la Fillea-Cgil, infatti,
sosteneva «in Italia abbiamo oltre 2 milioni di abitazioni vuote,
solo a Roma sono circa l’8% dell’intero patrimonio abitativo, 82.812
immobili». Tuttavia più che il dato appariva già consistente
e significativo il “salto” di ordine di grandezza.
«Il numero di stanze per abitante è nel nostro paese tra i più
elevati. Pur tuttavia l’accesso alla casa rimane un problema di non
facile soluzione perlomeno per i giovani e per gli immigrati in
ambiente urbano. Il paradosso è che le nostre città pur essendo – se si
eccettuano i qualificati centri storici e qualche isola di buona
edilizia degli anni ’50 e ’60 – un enorme ammasso di case più che uno
spazio urbano non sono in grado di dare risposta alla domande di case
a buon mercato (e non necessariamente a canone sociale)» –
sottolineavano gli urbanisti del politecnico di Milano Arturo
Lanzani e Gabriele Pasqui, nel 2011.
I numeri sono clamorosi
I dati conclusivi forniti oggi dall’Istat, riferiti al
censimento ultimo sono clamorosi: oggi il numero degli edifici
presenti sul territorio nazionale è pari a circa 14,5 milioni per
poco più di 31 milioni di appartamenti residenziali. In attesa di
avere il dato netto circa le volumetrie e le stanze, appare
accettabile la stima — assai prudenziale — di almeno 18 miliardi di
mc edificati, di cui 15,5 mld (84,3%) di metri cubi residenziali;
laddove il fabbisogno nazionale aggregato è di 6,2 mld di mc
(siamo 62 milioni di persone, includendo una stima molto
largheggiante anche degli immigrati non censiti).
Le Regioni meridionali esasperano il quadro nazionale: la
Campania presenta circa 1 milione di edifici, di cui 65.000 vuoti
e inutilizzati per una popolazione di 5.760.000 abitanti, la
Puglia rispettivamente 1.100.000 e 54.200 per 4 milioni ca di
abitanti, la Basilicata 117.000 e 11.700 per 580.000 abitanti, la
Sicilia 1.722.000 e 132.000 per circa 5 milioni di abitanti, la
Calabria 750.000 e 90.000 (1.250.000 e 420.000 alloggi) per poco meno
di 2 milioni di abitanti (il 40% del patrimonio residenziale
è vuoto e in molti paesi dell’interno ormai esistono più case che
abitanti !); la Sardegna risente della cogenza del Piano
Paesaggistico, recentissimamente ripristinata, e presenta
“solo” 570.000 edifici, di cui 70.000 vuoti o inutilizzati, per
1.640.000 abitanti.
Il dato relativo agli appartamenti vuoti – o scarsamente
utilizzati– è strabiliante: quasi un alloggio su quattro è vuoto,
con una ”punta” presentata ancora dalla Calabria con una quota pari
al 40%; seguono Sicilia e Sardegna con circa il 30% del patrimonio
abitativo inutilizzato, ancora in Piemonte 1 alloggio su 4 è
vuoto, laddove in Veneto e Toscana il rapporto è di uno su cinque
circa poco meno del Lazio (22%) e poco più della Lombardia (16%).
40 mila stanze di troppo
Per quanto riguarda le città, anche in attesa del dato finale , si
possono considerare consistenti le proiezioni parziali, che
presentano quote di vani vuoti superiori a 100.000 a Torino, Milano
e Roma, poco meno a Napoli, decine di migliaia nelle città di Venezia ,
Padova, Bologna, Firenze e Genova. In diverse città del sud il numero
dei vani costruiti supera quello degli abitanti (ancora in Calabria,
a Reggio, il “top” con 40.000 stanze in più dei residenti!), in molte
aree interne, non solo meridionali, gli edifici sono più degli
abitanti.
Emerge una considerazione: solo fino a venti anni fa il dato
forse più significativo era il rapporto abitanti/stanze; con il
censimento 2001, per l’emergere della “cascata di case”, oltre alla
rilevanza di aspetti più sociologici, quale la tendenziale forte
crescita delle famiglie mononucleari, è apparso consistente
parlare in termini di abitante/appartamento. Oggi diventa
significativo e iconico il rapporto abitante/edificio.
In Piemonte abbiamo poco più di 3 abitanti per edificio, in Lombardia poco meno di 5, in Toscana poco più di 4, nel Lazio all’incirca 5.
Nelle regioni meridionali abbiamo addirittura meno di 3 abitanti per edificio in Sardegna e in Sicilia, 2,5 in Calabria (!), 5 in Campania, 3,2 in Basilicata, poco meno di 4 in Puglia, che è in linea con il dato medio nazionale.
In Piemonte abbiamo poco più di 3 abitanti per edificio, in Lombardia poco meno di 5, in Toscana poco più di 4, nel Lazio all’incirca 5.
Nelle regioni meridionali abbiamo addirittura meno di 3 abitanti per edificio in Sardegna e in Sicilia, 2,5 in Calabria (!), 5 in Campania, 3,2 in Basilicata, poco meno di 4 in Puglia, che è in linea con il dato medio nazionale.
Una rendita sempre più finanziaria
Ci siamo chiesti a lungo perché nel nostro paese si continuasse
a costruire, a dispetto del declino demografico (la quota di
immigrazione appare tuttora relativa) e socioeconomico.
La spiegazione è stata fornita dagli studiosi di marketing
immobiliare: da tempo non si costruisce più per la domanda sociale
(che infatti — nonostante tutto il patrimonio vuoto citato — resta in
parte inevasa): la rendita fondiaria, poi immobiliare si
è trasformata sempre più in finanziaria. I «nuovi vani» dovevano
costituire le «basi concrete» per «costruzioni virtuali» di fondi
d’investimento o risparmio gestito. A parte la quota di edificato —
«lavanderia», ovvero finalizzata al riciclaggio di capitale
illegale, facilmente intrecciata al primo.
La schizofrenia delle politiche urbanistiche delle ultime
fasi ha largamente favorito tutto ciò, con accelerazioni da parte
del presente governo.
A parte i goffi tentativi di reinterpretare i dissesti da sfascio come «inefficienza burocratica per mancata realizzazione di opere» e strumentalizzare anche i disastri per seguitare a sfasciare il territorio, le politiche di tutela e attenzione all’ambiente e al paesaggio sono solo dichiarate: in realtà si tenta di continuare ad aggirarle per realizzare nuove “Grandi opere inutili” e cementificazioni; come dimostrano lo «Sblocca Italia» e il ddl Lupi, da cancellare subito. Laddove ciò che è necessario è costituito dal recupero dell’enorme patrimonio, degradato e inutilizzato (con opportuni strumenti di accesso anche al patrimonio privato e equi prelievi fiscali, soprattutto sul vuoto, gran parte del quale è oggi esentasse perché «bene destinato alla vendita»).
A parte i goffi tentativi di reinterpretare i dissesti da sfascio come «inefficienza burocratica per mancata realizzazione di opere» e strumentalizzare anche i disastri per seguitare a sfasciare il territorio, le politiche di tutela e attenzione all’ambiente e al paesaggio sono solo dichiarate: in realtà si tenta di continuare ad aggirarle per realizzare nuove “Grandi opere inutili” e cementificazioni; come dimostrano lo «Sblocca Italia» e il ddl Lupi, da cancellare subito. Laddove ciò che è necessario è costituito dal recupero dell’enorme patrimonio, degradato e inutilizzato (con opportuni strumenti di accesso anche al patrimonio privato e equi prelievi fiscali, soprattutto sul vuoto, gran parte del quale è oggi esentasse perché «bene destinato alla vendita»).
Una politica che integri anche l’altra emergenza assoluta
rappresentata dal risanamento del territorio nazionale; per cui
servono 50 miliardi di euro: altro che i tre dichiarati — a fronte
dei 200 milioni scarsi realmente disponibili — da Renzi.
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