Più si avvicina il 4 dicembre e più la campagna referendaria si arricchisce di dichiarazioni e argomentazioni che nulla hanno a che vedere con i contenuti di merito delle modifiche Costituzionali su cui gli italiani saranno chiamati ad esprimersi.
In particolare, è ormai strabordante l'apparizione e l'eloquio sui mass media del premier Renzi che dilaga in tutte le trasmissioni televisive, approfittando della
possibilità di comunicare rivestendo variegati ruoli (capo del
Governo, segretario del Pd, promotore delle modifiche Costituzionali) o
come cronaca.
Lui e i suoi fedelissimi hanno poi dalla loro l'intero establishment economico e finanziario e l'appoggio più o meno velato di quasi tutte le testate giornalistiche nazionali.
E' una campagna martellante costruita su slogan semplificatori, populisti e da "ribaltamento della realtà" approfittando di un "analfabetismo politico" dilagante e quindi della facilità con cui si può propinare una "vision" che modelli la realtà a proprio piacimento.
Così, veleggiando ben lontani dal merito dei contenuti, il renzismo attua una competizione referendaria di personalizzazioni prima costruite e poi ricusate, falsità e delegittimazioni condite a base di slogan pieni di banalità acchiappaconsensi, accuse di "conservatorismo e di protezionismo della casta" distribuite da un premier che furbescamente utilizza, lui per primo, demagogia e populismo a piene mani.
Non manca poi l'evocazione da parte dei sostenitori del Si, di scenari apocalittici inesistenti sulla instabilità economica, politica e dei mercati finanziari qualora prevalesse il No.
Tutte modalità e strumenti già visti e stracollaudati negli anni del berlusconismo e ora impiegati dal Pd renziano.
La posta è evidentemente alta. Questo Referendum sta andando al di là d'una mera consultazione confermativa ma sta svelando un disegno molto lontano rispetto all'idea di una Democrazia partecipativa.
L'attuale Governo vuole "svuotare" l'impianto Costituzionale per andare verso un premierato forte, una investitura plebiscitaria con la prospettiva di poter controllare le assise legislative (Camera con il premio di maggioranza e Senato non più elettivo) piegando a proprio favore la composizione della Corte Costituzionale e controllando direttamente l'elezione del Capo dello Stato. Una logica anche questa, in perfetta continuità con le aspirazioni del passato ventennio berlusconiano.
Con buona pace d'una Costituzione equilibrata e di garanzia qual'è quella attuale.
Ecco sotto una buona serie di ragioni per votare NO al Referendum del 4 dicembre 2016
REFERENDUM SULLE MODIFICHE COSTITUZIONALI:
PERCHE' VOTARE NO
PERCHE' VOTARE NO
- Si dice che sono molti anni che si discute e non si è mai fatto nulla. Perché opporsi adesso, quando si decide, finalmente, di fare qualcosa di positivo per l'aggiornamento della Costituzione?
- Non si tratta di fare a tutti i costi, ma di fare bene, aggiornando quando occorre, ma rispettando lo spirito e i valori della Costituzione. Inoltre non è vero che non si sia fatto nulla. Sono stati modificati, in varie occasioni, molti articoli della Costituzione e, in taluni casi, addirittura alcune parti (nel 2001 titolo V sulle attribuzioni di Regioni, Provincie e Comuni - nel 2012 con l'introduzione del Pareggio di Bilancio - e nel 2005 s'è respinta la con referendum la modifica Costituzionale proposta dalla maggioranza di Berlusconi ). È vero, invece, che non si è data attuazione a norme fondamentali della Costituzione, ma su nessuna di esse interviene questa revisione.
- La revisione abolisce o no il Senato?
- La revisione non abolisce affatto il Senato ed anzi ne ribadisce la funzione legislativa e quella di revisione costituzionale, ma indebolendolo concretamente con la composizione, fatta di Sindaci e Consiglieri regionali, cioè Senatori a tempo parziale.
- Perché l'elezione del Senato dovrebbe essere diretta?
- La revisione Boschi, nell'attribuire ai consigli regionali, e non ai
cittadini, il diritto di eleggere il Senato, viola la sovranità
popolare, di cui «la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto costituisce il principale strumento di manifestazione», come
affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 1 del 2014.
Raccontare poi che il popolo italiano eleggerebbe indirettamente il Senato perché i consigli regionali, eletti dal popolo, eleggerebbero a loro volta i senatori, è una vera baggianata. È come dire che il popolo italiano elegge il Presidente della Repubblica perché il Presidente viene eletto da Camera e Senato, che sono eletti dal popolo. Si tratta di una analogia superficiale e, come tale, giuridicamente improponibile.
In realtà, la cosa più grave è che non si sa neppure come le elezioni avverrebbero “in conformità della volontà popolare”, visto che su questo punto l'art. 2 rinvia ad una legge ordinaria (che non c'è). - Non c'è il lato positivo del risparmio di spesa, visto che la funzione dei Senatori è prestata a titolo gratuito?
- Se si pensa che occorre ridurre il numero dei parlamentari, si può
ridurre proporzionalmente il numero dei Deputati e quello dei Senatori.
Se invece si riduce drasticamente solo il numero dei Senatori,
squilibrando il sistema, vuol dire che il disegno è un altro:
praticamente “azzerare” il Senato e dare tutto il potere ad una sola
Camera ed a chi la governa. Questo è grave e pericoloso perché elimina
il sistema di pesi e contrappesi giustamente disegnato dalla
Costituzione.
Quindi, la revisione prevede che i senatori esercitino contemporaneamente anche le funzioni di consigliere regionale o di sindaco, senza considerare che l'importanza e l'onerosità delle funzioni senatoriali (funzione legislativa ordinaria e costituzionale; raccordo tra lo Stato, le Regioni e i comuni, con l 'Unione Europea; valutazione delle politiche pubbliche e dell'attività delle pubbliche amministrazioni; verifica dell'impatto delle politiche dell'Unione Europea sui territori ecc. ecc.) ne renderebbero aprioristicamente impossibile il puntuale espletamento. I futuri 100 senatori (74 eletti dai Cons. Regionali + 21 Sindaci eletti dai Cons. Regionali + 5 nominati dal Presidente della Repubblica), in quanto Sindaci o Consiglieri regionali, non saranno compensati per le loro funzioni di Senatore, ma avranno soltanto un "rimborso spese" di imprecisabile dimensione (anche se è difficile credere che si faccia un lavoro in più gratuitamente). Godranno dell'insindacabilità giudiziaria per i fatti posti in essere nell'esercizio delle proprie funzioni - il che è condivisibile - e, ancorché Senatori, solo part-time, godrebbero anche dell'immunità "personale" dagli arresti, dalle perquisizioni personali e domiciliari, e dai sequestri della corrispondenza, col rischio - connesso all'abnorme numero dei Consiglieri regionali attualmente indagati o addirittura rinviati a giudizio - di trasformare il Senato in un “refugium peccatorum”. Inoltre, è pacifico che verranno poi fuori le solite “diarie” e resteranno comunque in piedi tutte le costose strutture del Senato. - Ci sarà uno snellimento al procedimento legislativo ?
- Non è vero, perché sono previsti molti tipi e molte modalità di
esercizio della funzione legislativa (secondo alcuni, sette, secondo
altri, assai di più); l'art. 70 della Costituzione si risolveva in una
riga e mezzo, quello “nuovo” si protrae per tre pagine ed è indice solo
di confusione, conflitti, rallentamento.
L'asserzione che esista un insopportabile rallentamento per l'approvazione delle Leggi causato dai rinvii a seguito di modifiche tra Camera e Senato è palesemente falso, visto che solo il 3% ha avuto più di tre passaggi. L'80% delle Leggi ha avuto una sola lettura. - Ma questo che viene configurato è il Senato delle autonomie?
- No, perché non rappresenta le Regioni, ma assegna solo determinati poteri a Consiglieri regionali e Sindaci. In Paesi come la Germania, è il Governo dei Lander (Regioni) che elegge il Senato e così nasce una vera rappresentanza.
- Ma almeno la durata delle due Camere è la stessa?
- No, perché quella della Camera resta prestabilita, mentre quella del Senato è legata alle vicende degli organi da cui provengono i Senatori (Regioni e Comuni), fatto salvo per i 5 Senatori che saranno di nomina del Presidente della Repubblica (un vero e proprio Partito del Presidente).
- Le modifiche Costituzionali attribuiscono più poteri legislativi all'Esecutivo, cioè al Governo?
- Si amplia il potere d'iniziativa legislativa del Governo mediante la previsione di disegni di legge «attuativi del programma di governo», da approvare, da parte della Camera dei deputati, entro 70 giorni dalla deliberazione d'urgenza dell'assemblea. Il che rischia di restringere ulteriormente gli spazi per l'iniziativa legislativa parlamentare - attualmente ridotti al solo 20 per cento - grazie a possibili capziose interpretazioni estensive sia del concetto di "programma di governo", sia del concetto di "attuazione del programma". In altre parole, si finirebbe per mettere nelle mani del Governo l'agenda dei lavori della Camera.
- Quali saranno i cambiamenti nel Titolo V che regola le attribuzioni delle Regioni ?
- La revisione Renzi-Boschi riduce drasticamente l'autonomia legislativa delle Regioni attraverso tre operazioni:
a) l'assegnazione di materie, sinora di competenza regionale, alla legislazione statale;
b) l'eliminazione della legislazione concorrente;
c) l'introduzione della cosiddetta clausola di supremazia, in base alla quale “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità […] della Repubblica”. Se, poniamo, il Governo ritiene che una determinata infrastruttura abbia interesse nazionale, può esercitare la clausola di supremazia, tacitando, di fatto, le istanze territoriali, anche perché già sappiamo che il Senato, che pure dovrebbe rappresentare le istanze territoriali, ha un semplice potere di richiamo delle leggi su cui in ogni caso la parola definitiva spetta alla Camera dei deputati eletta con l'Italicum.
- Tra le forme di partecipazione, le Leggi di Iniziativa Popolare, avranno la certezza di essere discusse ?
- Il nuovo articolo 71 innalza il numero di firme necessarie alla presentazione di disegni di legge di iniziativa popolare da 50.000 a 150.000. Questa norma è immediatamente operativa, mentre viene rimandata ai regolamenti parlamentari ancora tutti da scrivere la determinazione dei tempi, delle forme e dei limiti dentro i quali questi progetti saranno discussi. In secondo luogo, l'articolo 71 introduce i nuovi istituti del “referendum propositivo”, del “referendum di indirizzo” e della “consultazione delle formazioni sociali”. La previsione, in se stessa, è positiva, ma mentre l'innalzamento delle firme per l'iniziativa legislativa popolare è immediatamente operativo, qui siamo di nuovo di fronte ad un rimando, anzi a un duplice rimando. Infatti, dovrà essere una legge costituzionale a stabilire “condizioni ed effetti” di questi nuovi istituti e dovrà poi essere una legge ordinaria a stabilirne “le modalità di attuazione”. Non si può sfuggire all'impressione di essere davanti a una foglia di fico per coprire la realtà: mentre il potere elettorale dei cittadini è ridotto con effetto immediato, queste nuove forme di partecipazione sono promesse che, come spesso accade agli istituti costituzionali, potranno anche richiedere anni per diventare realtà.
- E sul Quorum per i Referendum ?
- La nuova versione dell'articolo 75, disciplina l'istituto del referendum abrogativo. Sappiamo che questo referendum è valido solo se “ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto”. Il nuovo articolo 75 mantiene questo criterio, ma ne aggiunge un altro: nel caso in cui la proposta referendaria non venga da cinquecentomila elettori, che è attualmente la soglia minima necessaria, ma da ottocentomila, allora il referendum sarà valido anche se vi avrà partecipato soltanto “la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati”. Ora, è vero che verrebbe così abbassato il quorum, visto che alle elezioni politiche non partecipano mai tutti gli aventi diritto, ma al prezzo di un innalzamento notevolissimo delle firme necessarie. Non si può certo sostenere che questo agevoli la partecipazione diretta dei cittadini alla vita pubblica: faticano le forze organizzate a raccogliere 500.000 firme, figuriamoci le semplici associazioni di cittadini a raccoglierne 800.000.
- C'è un'interazione tra modifiche Costituzionali e la Legge elettorale?
- Come è possibile dare un parere sulla riforma costituzionale sganciandola dalla legge elettorale? La Legge Elettorale è nata sull’onda lunga di un maggioritarismo vissuto in senso plebiscitario, dell’idea che chi ha anche solo un voto in più si deve prendere tutto e deve governare senza essere disturbato e senza tenere contro delle critiche. Il tutto in virtù del fatto che occorre fare le cose e non discuterle (e basta guardare il disastro di questo inizio di anno scolastico, il peggiore della storia quanto a mancanza di docenti, e confrontarlo con la retorica sulla Buona Scuola).Il combinato disposto tra legge elettorale e modifiche Costituzionali porta a uno sbilanciamento a favore dell’esecutivo, estremamente pericoloso; come diceva Montesquieu, il teorico della democrazia moderna, non basta la divisione dei poteri, occorre che il più pericoloso dei poteri, quello esecutivo, sia tenuto a freno dagli altri due. Questa riforma pone le basi per una possibile involuzione della nostra democrazia.
- Quale diverrebbe la posizione costituzionale del Premier grazie alle modifiche alla Costituzione e all'ltalicum?
- II nostro ordinamento si orienterebbe di fatto verso un "premierato assoluto". I'Italicum trasformerebbe il voto al partito del leader in un'investitura quasi diretta del Premier e la legge Boschi eliminerebbe il Senato come potenziale contro-potere esterno della Camera senza prevedere efficaci contro-poteri interni. Col duplice rischio, connesso all' ''uomo solo al comando", di produrre eccessivi squilibri di rappresentanza e di condizionare addirittura i poteri del Presidente della Repubblica.
- Cosa accadrà se vincerà il NO? Sarà il caos?
- Trattandosi di modifiche costituzionali, non succederà nulla. Tutto
resterà come prima, sul piano costituzionale, essendosi però evitato uno
stravolgimento del sistema costituzionale e restando ben aperta la
possibilità di apportare quelle opportune modifiche, ritenute necessarie
per correggere il cosiddetto “bicameralismo perfetto”. Quanto alle
conseguenze politiche, ne ha parlato solo il Presidente del Consiglio.
Noi siamo di diverso avviso e non lasciamo entrare la politica-partitica
nella campagna referendaria. Escludiamo, in ogni caso, il caos; il
Governo andrà avanti fino a che il Parlamento gli darà la fiducia. E
questo non c'entra nulla con le riforme costituzionali.
Quanto agli aspetti economici, è singolare il fatto che sia la Confindustria a prospettare il disastro economico. Ogni volta che i “poteri forti” si occupano della Costituzione c'è da preoccuparsi e da temere che si perseguano interessi particolari, anziché l'interesse pubblico.
Nota:
Abbiamo elaborato le motivazioni DI MERITO per il NO riprendendo i contenuti dei documenti dell'ANPI nazionale e delle schede del Prof. Giovanni Missaglia, vice-Presidente dell'ANPI di Lissone.
Di questo, ne abbiamo parlato anche a Meda il 21-11-2016 con Marco Dal Toso, Loris Maconi e Giulio Cavalli.
Di questo, ne abbiamo parlato anche a Meda il 21-11-2016 con Marco Dal Toso, Loris Maconi e Giulio Cavalli.