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La Meda e la Brianza che amiamo e che vogliamo tutelare

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CRONACHE DA CHI SI IMPEGNA A CAMBIARE IL PAESE DEI CACHI E DEI PIDUISTI.
"Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente,
ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere,
se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?"
Antonio Gramsci-politico e filosofo (1891-1937)
OMAGGIO ALLA RESISTENZA.
Ciao Dario, Maestro, indimenticabile uomo, innovativo, mai banale e sempre in prima fila sulle questioni sociali e politiche.
Ora sei di nuovo con Franca e per sempre nei nostri cuori.

"In tutta la mia vita non ho mai scritto niente per divertire e basta.
Ho sempre cercato di mettere dentro i miei testi quella crepa capace di mandare in crisi le certezze, di mettere in forse le opinioni, di suscitare indignazione, di aprire un po' le teste.
Tutto il resto, la bellezza per la bellezza, non mi interessa."

(da Il mondo secondo Fo)

venerdì 22 aprile 2016

AL VIA LA CARATTERIZZAZIONE CON INCONTRO PUBBLICO A SEVESO. E A MEDA ?

Prendono avvio il 3 maggio 2016 i sondaggi per il prelievo di campioni di terreno propedeutici al piano di caratterizzazione nelle zone interessate dall´incidente Icmesa e contaminazione da Diossina TCDD attraversate dal tracciato della pedemontana (tratta B2 e inizio C).
Per illustrarne le modalità operative, il Comune di Seveso ha organizzato un incontro il 27 aprile alle 21.00 al Centro Studi della Fondazione Lombardia per l´Ambiente in Largo 10 Luglio, 1.
Durante la serata sarà presente anche il geologo incaricato dai Comuni di Seveso, Cesano Maderno, Bovisio Masciago, Barlassina e Desio che seguirà e supervisionarà sul campo i prelievi.
L'amministrazione di Seveso sceglie quindi la strada dell'informazione diretta, della trasparenza e del confronto con la cittadinanza.

Inevitabile il parallelo con Meda dove differente, insufficiente e criticabile è l'atteggiamento dell'amministrazione di Caimi.
Sull'argomento caratterizzazione sinora abbiamo assistito a strampalati annunci stampa tesi a mostrarsi come "comune con la primogenitura della richiesta d'inizio dei carotaggi a partire da Meda" accompagnati da stringate comunicazioni sul sito del Comune.
Certamente un atteggiamento in linea con l'anacronistica e ormai isolata volontà per una pedemontana da fare ad ogni costo, espressa anche nell'incontro dell'11-04-016 con il Ministro Delrio.
Insomma mentre a Seveso si coinvolge la cittadinanza con un momento pubblico d'informazione e confronto sul delicato passaggio della caratterizzazione, caratterizzazione da cui si trarranno successivamente valutazioni di merito sia sulla necessità di bonifica sia sulla configurazione del progetto esecutivo dell'autostrada e sulla compatibilità realizzativa, a Meda l'argomento non è trattato con lo stesso peso e con la stessa evidenza pubblica.
Oltretutto l'amministrazione di Caimi s'è pure chiamata fuori, con una pretestuosa polemica, dalla nomina del tecnico di fiducia delle Amministrazioni della tratta B2 e C che seguirà i passaggi del Piano di Caratterizzazione, comprensive della verifica in loco delle attività di carotaggio da svolgere secondo un ben definito protocollo.

I punti della Caratterizzazione a Barlassina, Meda, Seveso, Cesano Maderno, Bovisio Masciago e Desio

Sotto, le mappe di dettaglio che localizzano i punti di sondaggio a Barlassina, Meda e Seveso (pubblicate anche sul sito del Comune di Seveso).


Intanto, sulla stampa, anche i tecnici di ......... Regione Lombardia aggiungono un tassello che dimostra ulteriormente l'inutilità della Pedemontana.



ACQUA: IL COLPO DI MANO DEL PD CHE SNATURA IL REFERENDUM


Nel 2011, un REFERENDUM votato da milioni di cittadini italiani (il 57% degli aventi diritto) sancì con il 95% la volontà popolare di mantenere l'acqua BENE COMUNE PUBBLICO.
Questo principio è stato stravolto il 21 aprile 016  con la votazione finale del ddl approvato alla Camera dove il testo originario di un progetto di legge è stato distorto e mutilato dal PD con la cancellazione di una parola chiave che vincolava l'acqua a BENE PUBBLICO, escludendo la possibilità di sua gestione da parte di compagnie private con fini di profitto.
Una forzatura irrispettosa della volontà dei cittadini, stabilita con il referendum del 2011, che riapre la strada al privato che potrà lucrare sull'acqua al pari di qualsivoglia prodotto venduto.
Una scorrettezza gravissima del Governo Renzi (ispiratore dell'azione) e del Pd che fa contente le multinazionali e su cui verrà chiesto l'intervento e il pronunciamento della Corte Costituzionale per il mancato rispetto dell'esito referendario.
Sotto due articoli de Il Manifesto che illustrano molto bene quanto avvenuto.

Così il Pd si beve un altro referendum

Montecitorio. Approvato con i voti dem il ddl sulla gestione del servizio idrico integrato. Manomesso il testo originario che escludeva la possibilità dell’ingresso dei privati. Probabili sanzioni in arrivo.
A proposito di referendum (e non solo). Dire partito democratico (o Pd) ormai suona come una contraddizione in termini. Lasciamo stare quello di domenica scorsa, boicottato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, e mettiamo tra parentesi anche quello sulle riforme costituzionali del prossimo ottobre imposto come una prova di forza che sa di deriva plebiscitaria. Torniamo invece su quello per l’acqua pubblica del 2011 votato da milioni di cittadini – il 57% degli aventi diritto al voto con il 95% schierato per la difesa dell’acqua bene comune – e stravolto l’altra sera con la votazione finale del ddl approvato alla Camera (243 i voti a favore, 129 i contrari e 2 gli astenuti, il prossimo passaggio sarà al Senato).
Durante la votazione, tutti i parlamentari del Movimento 5 Stelle – applauditi e sostenuti da Sinistra Italiana – hanno sventolato magliette e bandiere blu del referendum urlando contro i banchi della maggioranza. Dalle tribune, alcuni attivisti mescolati tra il pubblico hanno lanciato volantini e bandiere del Forum italiano dei movimenti per l’acqua pubblica. Caos democratico. Il parapiglia fuori programma, e il corpo a corpo tra penta stellati e alcuni commessi chiamati a riportare l’ordine in aula, hanno provocato la sospensione della seduta. «L’acqua secondo il Pd è chiaramente a gestione privata – hanno detto i deputati della Commissione ambiente M5S – è il solito teatrino del Pd che sosteneva di rispettare la volontà popolare e invece oggi ha calato la maschera». Per Sinistra Italiana, «la gestione dell’acqua deve essere pubblica come chiesto a gran voce da milioni di cittadini con il referendum del 2011. Solo il pubblico è in grado di mettere in atto quel processo virtuoso tra tariffe, spese di gestione e servizio». Sembra che sia andata diversamente.
Certe intemperanze poco rispettose del parlamento verranno presto sanzionate, se è vero che in seguito alla solidarietà espressa ieri da tutti i capigruppo ai commessi della Camera verrà convocato un ufficio di presidenza su iniziativa della presidente della Camera Laura Boldrini. Fioccheranno sanzioni, mentre ancora non è dato sapere come la politica reagirà – e se reagirà – al colpo di mano che con un bizantinismo da azzeccagarbugli, emendamento su emendamento, ha stravolto l’impianto di un disegno di legge che originariamente era stato pensato per rendere nuovamente pubblico il sistema idrico. Come da volontà popolare.
A una prima lettura, il ddl appena approvato introduce nuove norme che sembrano positive sulla gestione, la pianificazione e il finanziamento del servizio idrico interato. Ma alcune differenze significative saltano all’occhio se confrontiamo il testo con la sua stesura originaria che sottolineava esplicitamente la totale ripubblicizzazione del servizio idrico. Il nuovo testo, invece, stabilisce che «il servizio idrico integrativo sia considerato un servizio pubblico locale di interesse economico generale assicurato alla collettività, che può essere affidato anche in via diretta a società interamente pubbliche in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate da tutti gli enti locali ricadenti nell’Ato (Ambito territoriale ottimale)».
Dove sta il trucco? Nel testo iniziale l’affidamento della gestione in house era blindato con la parola «prioritariamente». La sua eliminazione non sarebbe un dettaglio di poco conto, anzi, secondo M5S e Si si tratta di un vero e proprio insulto alla democrazia. Le novità più rilevanti, insieme ad altre modifiche cesellate ad arte, infatti prefigurano nuovi scenari che si scontrano con la volontà del popolo italiano. Il servizio idrico smette di essere qualificato come un servizio pubblico che non avendo una rilevanza economica viene sottratto alla libera concorrenza: ci si potrà lucrare sopra. La gestione e l’erogazione del servizio possono essere nelle mani dello stesso soggetto (anche di società quotate in borsa), e fognature, acquedotti e impianti di depurazione non devono essere affidate necessariamente a organi di diritto pubblico. Sono state apportate modifiche anche sulle concessioni per uso differente da quello potabile: nel ddl originale potevano essere revocate anche prima della loro scadenza e assolutamente non più rinnovabili, mentre ora la materia verrà regolamentata da un decreto legislativo ancora tutto da scrivere entro il 2016.
Altre novità, invece, risultano meno sgradite. A tutti i cittadini, sulla carta, dovranno essere garantiti almeno 50 litri di acqua potabile al giorno (anche in caso di mancato pagamento delle bollette, che presto verranno conteggiate con nuovi contatori installati in ogni abitazione). Le bollette diventeranno più «trasparenti» (con parametri di qualità dell’acqua, conteggio delle perdite idriche e dati sugli investimenti negli acquedotti). Sull’acquisto di ogni bottiglia di acqua minerale sarà previsto il contributo di 1 centesimo per finanziare progetti di cooperazione per l’accesso all’acqua potabile. Niente di particolarmente grave per le intoccabili multinazionali dell’acqua: aumenteranno i prezzi.

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Pellegrino (Sel): «Il Pd incostituzionale sull’acqua pubblica»

 

Quasi non riesce a trovare la parola giusta. Prima dice che è stato fatto un torto agli italiani, ma non è abbastanza. Allora dice che quello che è accaduto in parlamento è un insulto, «un insulto alla democrazia». Serena Pellegrino, parlamentare di Sinistra Italiana-Sel e vice presidente della Commissione Ambiente a Montecitorio, l’altra sera alla Camera è intervenuta con la sua dichiarazione di voto sul progetto di legge per l’acqua pubblica dopo aver saputo del colpo di mano con cui il Pd all’ultimo minuto ha stravolto e boicottato l’esito del referendum del 2011. «La volontà popolare era un’altra, interverrà la Corte costituzionale».

Cosa è successo?
Il testo originario del progetto di legge è stato distorto e mutilato dal Partito Democratico. Non hanno nemmeno avuto il pudore di presentarne uno scritto da loro, hanno preferito stravolgere il lavoro di 125 deputati, tra cui ci sono anche quelli del Pd che erano tra i primi firmatari della proposta per garantire al popolo sovrano l’acqua come bene comune.

E lo hanno fatto semplicemente togliendo dal testo un parola chiave?
Proprio così. All’ultimo secondo è arrivato il parere della Commissione Bilancio secondo la quale dal testo doveva sparire la dicitura «in via prioritaria» in merito alla gestione pubblica dei servizi idrici. Non è stato accettato nemmeno l’inserimento della frase «in via preferenziale».

In altre parole cosa significa?
Il referendum chiedeva che la remunerabilità del capitale investito nelle municipalizzate fosse abrogato, quindi nessuno doveva realizzare utili soprattutto nella gestione dell’acqua pubblica. E tutto quello che viene recuperato dalle tariffe avrebbe dovuto sempre essere reinvestito nel pubblico, come oggi avviene nel comune di Napoli.

Questo scenario è cambiato?
Scritta così, questa legge dà il via libera ai privati che possono accedere alla gestione dell’acqua pubblica, esattamente ciò che era stato rifiutato nel 2011 da milioni di cittadini. E’ evidente che la risorsa idrica, per essere considerata un bene comune e un diritto umano universale, deve essere gestita interamente da un ente pubblico. Il modello che ispira questo governo è chiaro, si tratta di una suddivisione in settori dove la gestione viene delegata alle Spa, e così facendo ogni cosa diventa merce e anche l’acqua – che nel progetto originario doveva essere un servizio privo di rilevanza economica – può diventare un bene su cui lucrare.

Un’altra battaglia persa?
Sono sicura che la Corte costituzionale terrà d’occhio l’iter di questa legge. Abbiamo già presentato la pregiudiziale di costituzionalità, in questo caso è evidente la violazione dell’articolo 75 della costituzione, quello che si riferisce al rispetto dell’esito referendario.

Come l’hanno presa i parlamentari del Pd che hanno lavorato con voi alla stesura del testo originario del progetto di legge?
Eh, come al solito… I parlamentari del Pd si trovano come sempre tra l’incudine e il martello, da una parte devono accontentare il loro sovrano e dall’altra sono costretti a scontentare il popolo sovrano.

lunedì 18 aprile 2016

GLI AMBIENTALISTI DI INSIEME IN RETE SU PEDEMONTANA E L'INCONTRO SINDACI-DELRIO


Dell'l'incontro tenutosi l'11-4-016 tra i Sindaci di MB e il Ministro Delrio, ce ne eravamo occupati nel post "INCONTRO SINDACI DI MB CON DELRIO: A CAIMI PIACE ANCORA LA FALLIMENTARE E IMPATTANTE PEDEMONTANA" per gli aspetti concernenti le incondivisibili e anacronistiche affermazioni del sindaco di Meda Caimi.
Ora, il coordinamento ambientalista INSIEME IN RETE PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE affida la sua posizione e le sue riflessioni a un comunicato stampa chiedendo espressamente alle istituzioni più coraggio e un coinvolgimento dei gruppi e delle associazioni ambientaliste per poter finalmente mettere la parola fine al progetto dell'autostrada Pedemontana, riparare i danni fatti realizzando le Compensazioni Ambientali sulle tratte A, B1 e le tangenziali di Como e Varese, dare avvio a una progettualità condivisa sulla viabilità intercomunale, le politiche dei trasporti pubblici e gli investimenti ferroviari.

mercoledì 13 aprile 2016

INCONTRO SINDACI DI MB CON DELRIO: A CAIMI PIACE ANCORA LA FALLIMENTARE E IMPATTANTE PEDEMONTANA


Nell'incontro dei sindaci della Brianza con il Ministro Delrio tenutasi a Monza l'11-04-016, s'è parlato di trasporti pubblici, mobilità e Pedemontana.
La situazione dei trasporti pubblici in Provincia di MB e il disastro della Pedemontana sono ormai noti ai più.
Per questo i sindaci hanno chiesto a Delrio di fare il punto e di esplicitare le intenzioni del Governo, soprattutto in merito all'infrastruttura autostradale.
Così Delrio ha ribadito che le risorse pubbliche per la pedemontana sono terminate e non ne verranno stanziate altre. Vedremo in un prossimo futuro se questa affermazione verrà mantenuta.
La maggioranza dei sindaci ha chiesto e sembra ottenuto, un tavolo di discussione e confronto tra più soggetti istituzionali per "ridimensionare" il progetto autostradale con una semplificazione dell'opera e lo snellimento delle aree critiche.
Ancora non siamo al punto in cui si prende atto del fallimento completo e dell'insostenibilità del progetto, ma è evidente che all'infrastruttura realizzabile come da faraonico progetto anche i sindaci, seppur con molteplici sfumature, non ci credono più, anche se per ora non osano avanzare la richiesta forte e indubbiamente dal carattere politico dello stralcio dalla legge obiettivo.
C'è però un sindaco che, con il paraocchi e ignorando realtà e critiche, vuole ostinatamente (ed esattamente come Maroni) che l'autostrada si faccia così com'è.
E' il sindaco di Meda Gianni Caimi (vedi articolo de Il Giorno allegato).
La sua è una posizione in questo momento isolata anche dal contesto degli altri sindaci della tratta B2 e C e viene da chiedersi da dove arrivi questa miope ostinazione.
C'è in questo una convinzione sbagliata e vetusta dell'intendere lo sviluppo come sinonimo di "grandi infrastrutture" da realizzare per forza, indipendentemente dalla loro reale necessità perchè ritenute erroneamente "motore di sviluppo".
C'è un protagonismo sterile che spesso nel recente passato s'è unito, sull'argomento pedemontana, alle posizioni di figure politiche che l'autostrada la vogliono solo perchè "è in legge obiettivo e si deve fare e basta" ignorando o qualificando come "allarmismo ingiustificato" il lavoro degli ambientalisti sulle devastazioni, le criticità e i rischi generati dall'autostrada.
Ma non solo.
L'amministrazione medese s'è legata mani e piedi con la Soc. Autostrada Pedemontana Lombarda per la realizzazione delle opere di viabilità complementare costituite dal sottopasso di via Seveso (con deviazione dell'alveo del Tarò), della tangenzialina di Meda Sud e di quella di Piazza Volta.
Riveste particolare importanza per Caimi e la sua giunta soprattutto il sottopasso ferroviario di via Seveso/via Cadorna perchè legato indissolubilmente alla possibilità di realizzare e aprire il Centro Commerciale con annesso albergo sull'area ex Medaspan.
La Regione, in una delle sue prescrizioni alla variante parziale ha scritto nero su bianco che:


Insomma, se quel sottopasso, da realizzare con i fondi di Pedemontana (che al momento non ci sono) dovesse saltare, diventa problematica l'apertura del Centro Commerciale fortemente voluto da Caimi stesso, con scelte che ne hanno facilitato l'iter in variante parziale sottraendolo ad una riflessione più completa in un ambito di Variante generale.

Va evidenziata la miopia politica dell'amministrazione Caimi, che nonostante le sollecitazioni anche di Sinistra e Ambiente, non ha mai deciso di verificare preventivamente la possibilità di trovare risorse differenti da quelle della pedemontana per la realizzazione delle opere di superamento della linea ferroviaria.
A differenza dell'amministrazione, Sinistra e Ambiente giudica inutile, insostenibile ed impattante per territorio e ambiente l'autostrada Pedemontana e agisce affinchè quest'autostrada non venga completata e si opti invece per soluzioni viabilistiche che potenzino l'esistente e la rete ferroviaria.
Ci siamo altresì opposti alla realizzazione del Centro Commerciale sull'At1 ex Medaspan, considerandolo gravoso per la viabilità e il tessuto commerciale medese di dettaglio già fortemente in crisi.

 
L'articolo de il Giorno del 12-4-016 in formato PDF:
https://www.scribd.com/doc/308445583/artGiorno12-4-016

sabato 9 aprile 2016

QUANDO IL SINDACO CAIMI ........ PARLA A SPROPOSITO

La stampa locale ha ripreso la vicenda del sopralluogo di Sinistra e Ambiente in Val de Mez, in zona confine tra Meda e Cabiate. 
Un sopralluogo con l'obiettivo di verificare e rendere noto lo stato delle palificate, delle briglie e del terrapieno d'argine ivi realizzati nell'ambito del progetto di contenimento della frana e della regimazione idraulica del torrente che lì scorre. 
Avevamo riscontrato e reso pubblico che le opere erano già state pesantemente danneggiate già alla prima piena di inizio marzo, mostrando l'inedeguatezza di quanto prima progettato e poi realizzato, con un costo di 54.000 euro.
Ne è seguita una arrogante, rabbiosa e piena di livore reazione da parte del sindaco Caimi che, a mezzo stampa (vedi articoli allegati), ci ha accusati di "fare opera di disinformazione e sciacallaggio", infarcendo il suo intervento con banalità assolute -"di piene possono essercene ancora"- e cercando di delegittimarci etichettando il nostro gruppo come "privo di conoscenze tecniche" e portato all'allarmismo.
Insomma, Caimi ha distribuito vere e proprie "perle di saggezza" in una replica basata sul nulla, evitando però accuratamente d'entrare nel merito di quanto da noi segnalato con un  rapporto elaborato con il necessario grado di conoscenza tecnica visto che ci siamo avvalsi del supporto del geologo Gianni Del Pero con cui collaboriamo da tempo sugli argomenti ambientali e di tutela del territorio.

Però, però .......... ora, dopo la sequenza gratuita di insulti, apprendiamo che anche l'amministrazione (bontà sua) ha fatto un sopralluogo e ........ ha dovuto nei fatti constatare la veridicità del report di Sinistra e Ambiente confermando la necessità d'ulteriori interventi esattamente sui punti danneggiati da noi rilevati.
Ci auguriamo che questi interventi di ripristino funzionale non incidano sulle casse comunali ma siano conteggiati nell'ambito dell'esecuzione lavori, seppur di un progetto che continuiamo a considerare fatto in fretta e per questo inadeguato e non calibrato per le criticità della Val de Mez.


Questo episodio, con l'evidenza dei fatti e la cronaca, dimostra come il sindaco Caimi abbia parlato a sproposito e senza cognizione di causa.
Checcè lui ne dica, Sinistra e Ambiente continuerà ad agire e a svolgere un'attività basata sull'attenzione e la conoscenza del territorio e delle sue criticità.

A seguire, gli articoli della stampa con le denunce di Sinistra e Ambiente e la "scomposta" replica del sindaco.


mercoledì 6 aprile 2016

PERCHE' QUALCUNO VUOLE BOICOTTARE IL REFERENDUM SULLE TRIVELLE DEL 17 APRILE

Sul referendum contro le trivelle del 17 aprile 016 stiamo assistendo da parte di appartenenti al Governo alla diffusione continua di false notizie, al solo scopo di creare confusione e di sabotarlo.
Per questo proponiamo un'adeguata documentazione di Greenreport e del WWF per far comprendere meglio la realtà dei fatti, evidenziare le mistificazioni e argomentare le ragioni del SI.

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Da Greenreport.it

Ciò che si nasconde davvero sotto le trivelle 

(e che quasi nessuno dice)


Il governo italiano, con una scelta discutibile, ha fissato al 17 aprile la data del referendum abrogativo sulle piattaforme petrolifere promosso da 9 regioni italiane. L’oggetto del referendum è la norma introdotta con l’ultima finanziaria che consente alle società concessionarie del diritto di coltivazione dei giacimenti petroliferi a mare entro le 12 miglia marine di poter sfruttare i giacimenti fino al loro esaurimento, anche se entro le 12 miglia resta vietata la concessione di nuove concessioni di ricerca e coltivazione.

Per i fautori del no questa norma è logica in quanto per loro non ha senso “tappare” il foro mentre c’è ancora gas e petrolio da estrarre e inoltre dicono che una vittoria dei si sarebbe pericolosa in quanto bloccherebbe un settore in cui siamo all’avanguardia e si creerebbero migliaia di disoccupati. Insomma nulla di nuovo. Quando si tratta delle fonti fossili, ogni modifica che non piace ai signori del petrolio viene immediatamente bloccato un settore in cui siamo all’avanguardia, produce migliaia di disoccupati, genera piaghe bibliche e catastrofi galattiche…. Il solito ricatto contro lavoro, ambiente e salute.

Altri argomenti citati dai fautori del no riguardano l’aumento delle importazioni dall’estero con il conseguente incremento del numero di petroliere che circolano sui nostri mari e approdano sui nostri porti. In pratica sostengono che gli effetti sull’ambiente provocati dallo stop alle piattaforme entro le 12 miglia marine sarebbero peggiori di quelli che produrrebbero delle piattaforme vecchie di 40 o 50 anni che pompano gas e petrolio dal fondo del mare.

Inoltre i fautori del no ricordano che la vittoria del si al referendum non comporterebbe un divieto alle trivelle e nemmeno alle piattaforme oltre le 12 miglia marine. Per questo accusano i comitati No Triv di truffare gli elettori. Ma è veramente così? Assolutamente NO!

Intanto i signori del no devono mettersi d’accordo con loro stessi. Infatti da una parte sostengono che questo referendum è inutile e non produrrà uno stop alle piattaforme e alle trivelle e che quindi presentarlo in questo modo è falso e truffaldino, mentre dall’altra parte dicono che una vittoria dei SI produrrebbe una catastrofe nazionale. Insomma devono spiegare come può essere che un referendum inutile e che non stoppa affatto piattaforme e trivelle, possa bloccare l’intero settore, far scappare tutte le società petrolifere dall’Italia, far perdere miliardi di investimenti, migliaia di posti di lavoro, aumentare le importazioni di petrolio e gas dall’estero e produrre un incremento dei costi della bolletta energetica? In pratica è come se dicessero che un moscerino che si posa su un grattacielo ne provoca il crollo.

Inoltre i signori del no sostengono che dalle piattaforme si estrae prevalentemente gas, ma poi dicono che la vittoria del si producendo uno stop immediato alle estrazioni, farebbe si che aumenti il traffico di petroliere. Tutto questo è puro allarmismo verbale. Innanzitutto vorrei ricordare che il gas non arriva con le petroliere, ma con i gasdotti, e (in rarissimi casi) con le navi gasiere in forma di Gas Naturale Liquido (LNG). Quindi non si vede che ci azzeccano le petroliere. Diciamo che i fautori del no sono un tantino confusi. In secondo luogo in caso di vittoria dei SI gli impianti non verrebbero bloccati immediatamente ma a termine, con l’arrivo a scadenza delle concessioni.

Ma allora perché i signori del no raccontano queste falsità? E cosa si nasconde veramente sotto il loro desiderio di procrastinare le concessioni?

Intanto è bene chiarire subito che il referendum interesserà in modo diretto solo diciassette concessioni (dal 2017 al 2027) da cui si estrae il 2,1 % dei consumi nazionali di gas e lo 0,8 % dei consumi nazionali di petrolio gas. (vedi dati anche del documento del WWF sotto allegato).
Bruscolini che anche se dovessero venire a mancare da un giorno all’altro, come sostengono i signori del no, (ma, ripetiamo, NON è così) non succederebbe nulla di grave e al calo di estrazioni si potrebbe benissimo fare fronte con un minimo di risparmio energetico (quindi incentivando un comportamento virtuoso. Certo se invece vogliamo continuare a sprecare energia prodotta con fonti fossili, allora non basteranno tutti i giacimenti del mondo a coprire il fabbisogno.

Ma, come detto, la vittoria del si non comporterà uno stop immediato delle piattaforme che, purtroppo, continueranno a restare al loro posto fino alla scadenza della concessione e quindi non c’è alcun pericolo per il fabbisogno nazionale e nessuna perdita di posti di lavoro, che sono pochissimi, spesso di tecnici specializzati stranieri, e che scadrebbero al termine del contratto.

Quindi si ritorna alla domanda posta in precedenza: cosa temono i fautori del no? Temono due cose.

Primo, che passi il messaggio che possiamo fare a meno del petrolio e che possiamo produrci l’energia di cui abbiamo bisogno in altro modo senza continuare a dare soldi ai petrolieri.

Secondo, che passi un altro principio, ben più importante per loro, quello per cui le concessioni scadono.

Infatti ci sono alcune cose che i signori del no ci tengono nascoste tentando di distogliere l’attenzione da esse per puntarla verso la catastrofe prodotta dalla vittoria del si e la perdita di migliaia di posti di lavoro.

Le paroline magiche che non pronunciano mai i signori del no sono due: royalty e franchigia.

Cosa sono le royalty? Sono delle quote in denaro che le compagnie petrolifere versano ogni anno allo stato, alle regioni e ai comuni per lo sfruttamento delle risorse petrolifere. Infatti in Italia le risorse petrolifere sono un bene indisponibile dello Stato, questo vuol dire che il petrolio e il gas dei giacimenti è di proprietà pubblica: tutti noi siamo proprietari di una quota di petrolio e di gas stoccati nei giacimenti.

Lo stato però non si occupa direttamente di estrarre queste risorse e “concede” dei titoli di sfruttamento di tali risorse a dei soggetti privati, i quali sostengono i costi per la ricerca e per la costruzione delle infrastrutture necessarie alla loro estrazione. In cambio pagano ai “proprietari” delle risorse, noi tutti, una quota percentuale del valore di quanto estratto.

Il problema riguarda la percentuale che viene pagata. 
Tale percentuale, come si può vedere dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico, è pari al 7% per l’estrazione di gas e di olio a terra e del 4% per l’estrazione di olio in mare, a cui sommare una quota del 3% da destinare al fondo per la riduzione del prezzo dei prodotti petroliferi se la risorsa è estratta sulla terraferma o per la sicurezza e l’ambiente se estratti in mare.  
Se si pensa che in altri Paesi le royalty difficilmente scendono al di sotto del 30%, si capisce benissimo il grande regalo che noi facciamo ogni anno ai petrolieri.

La seconda parolina magica, come detto, è franchigia. Che cos’è? La franchigia è una quota annua di gas e petrolio estratti da ogni giacimento sulla quale non si calcolano royalty. Sempre dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico si evince che le franchigie sono pari a: 20.000 t di petrolio estratto a terra; 50.000 t di petrolio estratto in mare; 25 Milioni di mc di gas estratto a terra; 80 Milioni di mc di gas estratto in mare.

Questo significa che se i titolari delle concessioni ogni anno e da ogni giacimento estraggono un quantitativo di gas e di petrolio pari o inferiore alle franchigie non versano nessuna royalty allo stato.

E naturalmente l’interesse dei titolari delle concessioni è quello di pagare meno royalty possibile. Ecco perché dando loro la possibilità di prorogare la durata delle concessioni fino all’esaurimento dei giacimenti, non si fa altro che dir loro: “estraete meno che potete e non versate nemmeno un Euro di royalty, tanto avete tutto il tempo che volete per sfruttare il giacimento”.

A tutto questo, come se non bastasse, bisogna aggiungere il fatto che in pratica a comunicare le quantità di petrolio e gas estratte sono gli stessi concessionari con un’autocertificazione che nessuno controlla.

Non a caso nel 2010 la Cygam Energy, una società petrolifera canadese, in un suo dossier raccomandava di investire in Italia perché “la struttura italiana delle royalty è una delle migliori al mondo”. Tradotto: “Andiamo a trivellare in Italia perché gli italiani sono degli idioti!”

Da quanto detto si capisce come questa norma sia tutta a favore dei titolari delle concessioni e poco della collettività che oltre a incassare poco o nulla dallo sfruttamento di un bene indisponibile dovrà subire tutte le conseguenze derivanti dalle attività di estrazione, incidenti compresi.

Altro che benessere per la collettività.

Ecco cosa si nasconde veramente sotto le trivelle ed ecco il motivo per cui il 17 aprile bisogna andare a votare eVOTARE SI.