Nel 2011, un REFERENDUM votato da milioni di cittadini italiani (il 57% degli aventi diritto) sancì con il 95% la volontà popolare di mantenere l'acqua BENE COMUNE PUBBLICO.
Questo principio è stato stravolto il 21 aprile 016 con la votazione finale del ddl approvato alla Camera dove il testo originario di un progetto di legge è stato distorto e mutilato dal PD con la cancellazione di una parola chiave che vincolava l'acqua a BENE PUBBLICO, escludendo la possibilità di sua gestione da parte di compagnie private con fini di profitto.
Una forzatura irrispettosa della volontà dei cittadini, stabilita con il referendum del 2011, che riapre la strada al privato che potrà lucrare sull'acqua al pari di qualsivoglia prodotto venduto.
Una scorrettezza gravissima del Governo Renzi (ispiratore dell'azione) e del Pd che fa contente le multinazionali e su cui verrà chiesto l'intervento e il pronunciamento della Corte Costituzionale per il mancato rispetto dell'esito referendario.
Sotto due articoli de Il Manifesto che illustrano molto bene quanto avvenuto.
Sotto due articoli de Il Manifesto che illustrano molto bene quanto avvenuto.
Così il Pd si beve un altro referendum
Montecitorio. Approvato
con i voti dem il ddl sulla gestione del servizio idrico integrato.
Manomesso il testo originario che escludeva la possibilità dell’ingresso
dei privati. Probabili sanzioni in arrivo.
A proposito di referendum (e non solo). Dire partito democratico
(o Pd) ormai suona come una contraddizione in termini. Lasciamo stare
quello di domenica scorsa, boicottato dal presidente del Consiglio
Matteo Renzi, e mettiamo tra parentesi anche quello sulle riforme
costituzionali del prossimo ottobre imposto come una prova di forza che
sa di deriva plebiscitaria. Torniamo invece su quello per l’acqua
pubblica del 2011 votato da milioni di cittadini – il 57% degli aventi
diritto al voto con il 95% schierato per la difesa dell’acqua bene
comune – e stravolto l’altra sera con la votazione finale del ddl
approvato alla Camera (243 i voti a favore, 129 i contrari e 2 gli
astenuti, il prossimo passaggio sarà al Senato).
Durante la votazione, tutti i parlamentari del Movimento 5 Stelle –
applauditi e sostenuti da Sinistra Italiana – hanno sventolato magliette
e bandiere blu del referendum urlando contro i banchi della
maggioranza. Dalle tribune, alcuni attivisti mescolati tra il pubblico
hanno lanciato volantini e bandiere del Forum italiano dei movimenti per
l’acqua pubblica. Caos democratico. Il parapiglia fuori programma, e il
corpo a corpo tra penta stellati e alcuni commessi chiamati a riportare
l’ordine in aula, hanno provocato la sospensione della seduta. «L’acqua
secondo il Pd è chiaramente a gestione privata – hanno detto i deputati
della Commissione ambiente M5S – è il solito teatrino del Pd che
sosteneva di rispettare la volontà popolare e invece oggi ha calato la
maschera». Per Sinistra Italiana, «la gestione dell’acqua deve essere
pubblica come chiesto a gran voce da milioni di cittadini con il
referendum del 2011. Solo il pubblico è in grado di mettere in atto quel
processo virtuoso tra tariffe, spese di gestione e servizio». Sembra
che sia andata diversamente.
Certe intemperanze poco rispettose del parlamento verranno presto
sanzionate, se è vero che in seguito alla solidarietà espressa ieri da
tutti i capigruppo ai commessi della Camera verrà convocato un ufficio
di presidenza su iniziativa della presidente della Camera Laura
Boldrini. Fioccheranno sanzioni, mentre ancora non è dato sapere come la
politica reagirà – e se reagirà – al colpo di mano che con un
bizantinismo da azzeccagarbugli, emendamento su emendamento, ha
stravolto l’impianto di un disegno di legge che originariamente era
stato pensato per rendere nuovamente pubblico il sistema idrico. Come da
volontà popolare.
A una prima lettura, il ddl appena approvato introduce nuove norme
che sembrano positive sulla gestione, la pianificazione e il
finanziamento del servizio idrico interato. Ma alcune differenze
significative saltano all’occhio se confrontiamo il testo con la sua
stesura originaria che sottolineava esplicitamente la totale
ripubblicizzazione del servizio idrico. Il nuovo testo, invece,
stabilisce che «il servizio idrico integrativo sia considerato un
servizio pubblico locale di interesse economico generale assicurato alla
collettività, che può essere affidato anche in via diretta a società
interamente pubbliche in possesso dei requisiti prescritti
dall’ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate
da tutti gli enti locali ricadenti nell’Ato (Ambito territoriale
ottimale)».
Dove sta il trucco? Nel testo iniziale l’affidamento della gestione
in house era blindato con la parola «prioritariamente». La sua
eliminazione non sarebbe un dettaglio di poco conto, anzi, secondo M5S e
Si si tratta di un vero e proprio insulto alla democrazia. Le novità
più rilevanti, insieme ad altre modifiche cesellate ad arte, infatti
prefigurano nuovi scenari che si scontrano con la volontà del popolo
italiano. Il servizio idrico smette di essere qualificato come un
servizio pubblico che non avendo una rilevanza economica viene sottratto
alla libera concorrenza: ci si potrà lucrare sopra. La gestione e
l’erogazione del servizio possono essere nelle mani dello stesso
soggetto (anche di società quotate in borsa), e fognature, acquedotti e
impianti di depurazione non devono essere affidate necessariamente a
organi di diritto pubblico. Sono state apportate modifiche anche sulle
concessioni per uso differente da quello potabile: nel ddl originale
potevano essere revocate anche prima della loro scadenza e assolutamente
non più rinnovabili, mentre ora la materia verrà regolamentata da un
decreto legislativo ancora tutto da scrivere entro il 2016.
Altre novità, invece, risultano meno sgradite. A tutti i cittadini,
sulla carta, dovranno essere garantiti almeno 50 litri di acqua potabile
al giorno (anche in caso di mancato pagamento delle bollette, che
presto verranno conteggiate con nuovi contatori installati in ogni
abitazione). Le bollette diventeranno più «trasparenti» (con parametri
di qualità dell’acqua, conteggio delle perdite idriche e dati sugli
investimenti negli acquedotti). Sull’acquisto di ogni bottiglia di acqua
minerale sarà previsto il contributo di 1 centesimo per finanziare
progetti di cooperazione per l’accesso all’acqua potabile. Niente di
particolarmente grave per le intoccabili multinazionali dell’acqua:
aumenteranno i prezzi.
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Pellegrino (Sel): «Il Pd incostituzionale sull’acqua pubblica»
Quasi non riesce a trovare la parola giusta. Prima dice che è stato fatto un torto agli italiani, ma non è abbastanza. Allora dice che quello che è accaduto in parlamento è un insulto, «un insulto alla democrazia». Serena Pellegrino, parlamentare di Sinistra Italiana-Sel e vice presidente della Commissione Ambiente a Montecitorio, l’altra sera alla Camera è intervenuta con la sua dichiarazione di voto sul progetto di legge per l’acqua pubblica dopo aver saputo del colpo di mano con cui il Pd all’ultimo minuto ha stravolto e boicottato l’esito del referendum del 2011. «La volontà popolare era un’altra, interverrà la Corte costituzionale».
Cosa è successo?
Il testo originario del progetto di legge è stato distorto e mutilato dal Partito Democratico. Non hanno nemmeno avuto il pudore di presentarne uno scritto da loro, hanno preferito stravolgere il lavoro di 125 deputati, tra cui ci sono anche quelli del Pd che erano tra i primi firmatari della proposta per garantire al popolo sovrano l’acqua come bene comune.
E lo hanno fatto semplicemente togliendo dal testo un parola chiave?
Proprio così. All’ultimo secondo è arrivato il parere della Commissione Bilancio secondo la quale dal testo doveva sparire la dicitura «in via prioritaria» in merito alla gestione pubblica dei servizi idrici. Non è stato accettato nemmeno l’inserimento della frase «in via preferenziale».
In altre parole cosa significa?
Il referendum chiedeva che la remunerabilità del capitale investito nelle municipalizzate fosse abrogato, quindi nessuno doveva realizzare utili soprattutto nella gestione dell’acqua pubblica. E tutto quello che viene recuperato dalle tariffe avrebbe dovuto sempre essere reinvestito nel pubblico, come oggi avviene nel comune di Napoli.
Questo scenario è cambiato?
Scritta così, questa legge dà il via libera ai privati che possono accedere alla gestione dell’acqua pubblica, esattamente ciò che era stato rifiutato nel 2011 da milioni di cittadini. E’ evidente che la risorsa idrica, per essere considerata un bene comune e un diritto umano universale, deve essere gestita interamente da un ente pubblico. Il modello che ispira questo governo è chiaro, si tratta di una suddivisione in settori dove la gestione viene delegata alle Spa, e così facendo ogni cosa diventa merce e anche l’acqua – che nel progetto originario doveva essere un servizio privo di rilevanza economica – può diventare un bene su cui lucrare.
Un’altra battaglia persa?
Sono sicura che la Corte costituzionale terrà d’occhio l’iter di questa legge. Abbiamo già presentato la pregiudiziale di costituzionalità, in questo caso è evidente la violazione dell’articolo 75 della costituzione, quello che si riferisce al rispetto dell’esito referendario.
Come l’hanno presa i parlamentari del Pd che hanno lavorato con voi alla stesura del testo originario del progetto di legge?
Eh, come al solito… I parlamentari del Pd si trovano come sempre tra l’incudine e il martello, da una parte devono accontentare il loro sovrano e dall’altra sono costretti a scontentare il popolo sovrano.
Cosa è successo?
Il testo originario del progetto di legge è stato distorto e mutilato dal Partito Democratico. Non hanno nemmeno avuto il pudore di presentarne uno scritto da loro, hanno preferito stravolgere il lavoro di 125 deputati, tra cui ci sono anche quelli del Pd che erano tra i primi firmatari della proposta per garantire al popolo sovrano l’acqua come bene comune.
E lo hanno fatto semplicemente togliendo dal testo un parola chiave?
Proprio così. All’ultimo secondo è arrivato il parere della Commissione Bilancio secondo la quale dal testo doveva sparire la dicitura «in via prioritaria» in merito alla gestione pubblica dei servizi idrici. Non è stato accettato nemmeno l’inserimento della frase «in via preferenziale».
In altre parole cosa significa?
Il referendum chiedeva che la remunerabilità del capitale investito nelle municipalizzate fosse abrogato, quindi nessuno doveva realizzare utili soprattutto nella gestione dell’acqua pubblica. E tutto quello che viene recuperato dalle tariffe avrebbe dovuto sempre essere reinvestito nel pubblico, come oggi avviene nel comune di Napoli.
Questo scenario è cambiato?
Scritta così, questa legge dà il via libera ai privati che possono accedere alla gestione dell’acqua pubblica, esattamente ciò che era stato rifiutato nel 2011 da milioni di cittadini. E’ evidente che la risorsa idrica, per essere considerata un bene comune e un diritto umano universale, deve essere gestita interamente da un ente pubblico. Il modello che ispira questo governo è chiaro, si tratta di una suddivisione in settori dove la gestione viene delegata alle Spa, e così facendo ogni cosa diventa merce e anche l’acqua – che nel progetto originario doveva essere un servizio privo di rilevanza economica – può diventare un bene su cui lucrare.
Un’altra battaglia persa?
Sono sicura che la Corte costituzionale terrà d’occhio l’iter di questa legge. Abbiamo già presentato la pregiudiziale di costituzionalità, in questo caso è evidente la violazione dell’articolo 75 della costituzione, quello che si riferisce al rispetto dell’esito referendario.
Come l’hanno presa i parlamentari del Pd che hanno lavorato con voi alla stesura del testo originario del progetto di legge?
Eh, come al solito… I parlamentari del Pd si trovano come sempre tra l’incudine e il martello, da una parte devono accontentare il loro sovrano e dall’altra sono costretti a scontentare il popolo sovrano.
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