Nel "FANTASTICO MONDO di EXPO" succede ormai di tutto.
Così dopo il lunghissimo elenco di personaggi indagati per corruzione, turbativa d'asta etc. etc. ora tocca anche alla Presidente di EXPO Diana Bracco finire sotto la lente degli inquirenti per ....... evasione fiscale.
Così dopo il lunghissimo elenco di personaggi indagati per corruzione, turbativa d'asta etc. etc. ora tocca anche alla Presidente di EXPO Diana Bracco finire sotto la lente degli inquirenti per ....... evasione fiscale.
Due articoli de Il Manifesto sull'argomento e ....... un gran finale a fondo post.
L’impresentabile nel cuore dell’Expo
Lo scandalo. La
presidente della rassegna, Diana Bracco, indagata per evasione fiscale:
sequestrato 1 milione di euro. I pm: «Lavori in ville e yacht figurano
come acquisti di macchinari per le sue aziende». La difesa: «Già
definito il ravvedimento operoso con l'Agenzia delle Entrate, non c’è
nulla di penale»
Diana Bracco, presidente di Expo 2015 Spa
© Lapresse
|
Un’altra bella tegola sull’immagine dell’Expo, e chissà che non
possa riportare in piazza i milanesi (sarebbe il caso) dopo le
proteste contro le devastazioni dei black block. Questa volta
a essere “devastati”, almeno secondo quanto ipotizzano gli
inquirenti, sarebbero i conti dell’erario, a causa di una maxi
evasione fiscale di circa 1 milione di euro. Diana Bracco, presidente
di Expo 2015 Spa, è indagata per evasione fiscale e appropriazione
indebita in qualità di presidente del cda della Bracco spa.
L’indagine è stata chiusa ed è stato effettuato un sequestro da circa
1 milione di euro. L’ipotesi è che le fatture false siano servite in
relazione a lavori su case private e barche.
In sostanza, sarebbero state presentate come fatture a carico
della multinazionale farmaceutica di cui Bracco è presidente
e ad (e quindi con regimi fiscali riservati alle imprese) documenti
che invece facevano capo a lavori privati. Come si legge in un
comunicato del procuratore della Repubblica Edmondo Bruti
Liberati, nell’ambito dell’inchiesta condotta dal Nucleo Polizia
Tributaria della Guardia di finanza e coordinata dal
procuratore aggiunto Francesco Greco e dal pm Giordano Baggio, «è
stato notificato avviso di conclusione delle indagini» a carico di
Diana Bracco, di Pietro Mascherpa, presidente del Cda di Bracco Real
Estate srl, e di due architetti dello studio Archilabo in Monza,
Marco Pollastri e Simona Calcinaghi.
Bracco e Mascherpa sono accusati di evasione fiscale attraverso
l’emissione di fatture false e di appropriazione indebita. Dalle
indagini «è emerso che fatture» per oltre 3 milioni di euro,
confluite nella contabilità e nelle dichiarazioni fiscali
«presentate dalle società del gruppo Bracco per i periodi di imposta
dal 2008 al 2013», erano riferite «all’esecuzione di forniture o di
prestazioni rese presso locali in uso alle medesime società ma
effettivamente realizzate presso immobili e natanti di proprietà,
ovvero nella disponibilità» di Diana Bracco e del marito defunto
Roberto De Silva.
Lo scorso 5 marzo, si legge ancora nel comunicato, la Guardia di
finanza ha eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dal
gip Roberta Nunnari nei confronti di Diana Bracco per 1 milione e 42
mila euro «corrispondente all’importo totale dell’imposta
complessivamente evasa per effetto dell’utilizzo delle predette
fatture». Nella nota si legge infine che lo scorso 21 maggio «sono
stati depositati» in Procura da parte della Gdf «i verbali di
constatazione delle correlate violazioni di carattere
amministrativo».
«Non c’è stata alcuna frode fiscale — replica il legale della
presidente Bracco, Giuseppe Bana — Si tratta di contestazioni
riguardanti l’inerenza all’attività di impresa di fatture, situazione
non rilevante sotto il profilo penale, già definita con l’Agenzia
delle Entrate con il ravvedimento operoso». «Siamo solo al termine
delle indagini preliminari — conclude Bana — e non è stata ancora
formulata la richiesta di rinvio a giudizio».
Cebion, Xamamina, Euclorina i marchi più noti dei farmaci Bracco,
diffusi in 100 paesi. Il fatturato consolidato del gruppo è di
1 miliardo di euro.
Sono cinque gli immobili di proprietà di Diana Bracco, da Anacapri e Vence, in Provenza, dove sarebbero stati effettuati i lavori contestati. E ancora, case a Merate (Lecco), a Nizza Monferrato (Asti) e a Megeve (Alta Savoia). Secondo le accuse, le fatture per lavori di ristrutturazione e riqualificazione degli stabili che fanno parte del patrimonio personale di Diana Bracco venivano emesse con false causali, facendoli risultare, ad esempio, come acquisti di macchinari e materiale per aziende del gruppo Bracco.
Sono cinque gli immobili di proprietà di Diana Bracco, da Anacapri e Vence, in Provenza, dove sarebbero stati effettuati i lavori contestati. E ancora, case a Merate (Lecco), a Nizza Monferrato (Asti) e a Megeve (Alta Savoia). Secondo le accuse, le fatture per lavori di ristrutturazione e riqualificazione degli stabili che fanno parte del patrimonio personale di Diana Bracco venivano emesse con false causali, facendoli risultare, ad esempio, come acquisti di macchinari e materiale per aziende del gruppo Bracco.
In questo modo, si legge nel provvedimento dei pm, sarebbero
state indicati «nelle dichiarazioni dei redditi e Iva delle società
Bracco Spa, Bracco Imaging Spa, Bracco Real Estate Srl, Spin Spa
e Ceber Srl» relative agli anni d’imposta tra il 2008 e il 2013
«elementi passivi fittizi per complessivi euro 3.064.435 con
un’imposta evasa complessiva ai fini Ires e Iva di euro 1.042.114,70».
«C’è un possibile danno di immagine che deve essere valutato — ha
commentato il sindaco di Milano Giuliano Pisapia — Un conto è se
c’è un ravvedimento attivo, un altro se ci sono risvolti penali, che
il suo legale, che è di grandissima esperienza, ha escluso».
Sempre dal Manifesto, l'articolo con IL LUNGO ELENCO DEGLI INDAGATI
Milano, le indagini che turbano
gli umori degli expottimisti
Expo 2015. Ritratto
di un «grande evento» a partire dalle inchieste giudiziarie, i
patteggiamenti, le multe. Dalla "Cupola degli appalti" in poi
Per il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, l’indagine per
evasione fiscale che coinvolge la presidente di Expo Spa 2015 Diana
Bracco è «un problema di immagine che deve essere valutato». Questa
frase è stato l’unico dubbio apparso in una giornata dei dati di
Federalberghi secondo la quale l’Expo sarà visitata da 1,9 milioni
di persone (erano 20 solo pochi mesi fa). «Stime abbastanza
realistiche» ha confermato l’ad Expo Giuseppe Sala che sostiene un
aumento del 16% del Pil milanese nei primi 27 giorni di Expo. «Non c’è
mai stata nel passato un’apertura di una Expo così entusiastica» ha
ribadito Pisapia. Parole che suonano perlomeno forzate dopo la
notizia dell’indagine su Bracco, vice-presidente per la Ricerca
e Innovazione per Confindustria.
A quasi un mese dall’esordio, sull’esposizione universale dedicata al culto contemporaneo del cibo si riallungano invece le ombre di un anno fa quando la procura di Milano spiccò mandati di arresto per Angelo Paris, direttore della pianificazione acquisti della Expo 2015, per gli ex parlamentari Gianstefano Frigerio (Dc) e Luigi Grillo (Forza Italia), per Primo Greganti, ex Pci e già coinvolto in Mani Pulite, per Sergio Catozzo (Udc Liguria) e l’imprenditore vicentino Enrico Maltauro. Ai domiciliari finì Antonio Rognoni, ex Dg di Infrastrutture Lombarde, già arrestato per un’altra inchiesta sugli appalti pubblici più importanti in Lombardia, anche relativi all’Expo.
Nell’ottobre 2014 Antonio Acerbo era finito agli arresti domiciliari per corruzione e turbativa d’asta e si era dimesso da responsabile del Padiglione Italia di Expo. Un mese prima si era dimesso da commissario Expo per le vie d’acqua per corruzione e turbativa d’asta. Ad aprile 2015 sono state accettate sei richieste di patteggiamento presentate dagli indagati della cosiddetta «Cupola degli appalti» che avrebbe influito sulle gare di Expo, Sogin e nella sanità Lombarda. Grillo ha accettato una pena di due anni e otto mesi e una multa di 50 mila euro. Frigerio una pena di tre anni e quattro mesi, Greganti tre anni e una multa da 10 mila euro, Maltauro due anni e 10 mesi, Catozzo tre anni e due mesi e un risarcimento a Expo da 50 mila euro. Due anni e sei mesi a Paris e un risarcimento a Expo da 100 mila euro. L’ex sub-commissario Expo Acerbo ha patteggiato tre anni.
Prima dell’inizio di Expo sembrava essere così tornata la normalità sulla quale veglia il commissario anti-corruzione di Raffaele Cantone. Ma così non è stato. C’è un altro capitolo, significativo, delle indagini che riguardano il governatore della Lombardia Roberto Maroni, accusato di induzione indebita per un contratto di collaborazione con Expo affidato a una sua ex collaboratrice.
Polemiche ci sono state a seguito della nomina di Domenico Aiello, avvocato difensore di Maroni in questa inchiesta, nel Cda di Expo a 8 giorni dalla sua inaugurazione. In caso di un eventuale rinvio a giudizio di Maroni e del direttore generale di Expo Christian Malangone, Aiello si troverà nel doppio ruolo di membro del Cda e difensore della persona contro la quale Expo potrebbe decidere di rivalersi.
A sua volta, come atto dovuto, l’azienda è indagata in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa per reati commessi dai propri dirigenti nell’interesse aziendale. Quella di Diana Bracco non è l’unico problema di immagine che turba gli umori expottimisti.
A quasi un mese dall’esordio, sull’esposizione universale dedicata al culto contemporaneo del cibo si riallungano invece le ombre di un anno fa quando la procura di Milano spiccò mandati di arresto per Angelo Paris, direttore della pianificazione acquisti della Expo 2015, per gli ex parlamentari Gianstefano Frigerio (Dc) e Luigi Grillo (Forza Italia), per Primo Greganti, ex Pci e già coinvolto in Mani Pulite, per Sergio Catozzo (Udc Liguria) e l’imprenditore vicentino Enrico Maltauro. Ai domiciliari finì Antonio Rognoni, ex Dg di Infrastrutture Lombarde, già arrestato per un’altra inchiesta sugli appalti pubblici più importanti in Lombardia, anche relativi all’Expo.
Nell’ottobre 2014 Antonio Acerbo era finito agli arresti domiciliari per corruzione e turbativa d’asta e si era dimesso da responsabile del Padiglione Italia di Expo. Un mese prima si era dimesso da commissario Expo per le vie d’acqua per corruzione e turbativa d’asta. Ad aprile 2015 sono state accettate sei richieste di patteggiamento presentate dagli indagati della cosiddetta «Cupola degli appalti» che avrebbe influito sulle gare di Expo, Sogin e nella sanità Lombarda. Grillo ha accettato una pena di due anni e otto mesi e una multa di 50 mila euro. Frigerio una pena di tre anni e quattro mesi, Greganti tre anni e una multa da 10 mila euro, Maltauro due anni e 10 mesi, Catozzo tre anni e due mesi e un risarcimento a Expo da 50 mila euro. Due anni e sei mesi a Paris e un risarcimento a Expo da 100 mila euro. L’ex sub-commissario Expo Acerbo ha patteggiato tre anni.
Prima dell’inizio di Expo sembrava essere così tornata la normalità sulla quale veglia il commissario anti-corruzione di Raffaele Cantone. Ma così non è stato. C’è un altro capitolo, significativo, delle indagini che riguardano il governatore della Lombardia Roberto Maroni, accusato di induzione indebita per un contratto di collaborazione con Expo affidato a una sua ex collaboratrice.
Polemiche ci sono state a seguito della nomina di Domenico Aiello, avvocato difensore di Maroni in questa inchiesta, nel Cda di Expo a 8 giorni dalla sua inaugurazione. In caso di un eventuale rinvio a giudizio di Maroni e del direttore generale di Expo Christian Malangone, Aiello si troverà nel doppio ruolo di membro del Cda e difensore della persona contro la quale Expo potrebbe decidere di rivalersi.
A sua volta, come atto dovuto, l’azienda è indagata in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa per reati commessi dai propri dirigenti nell’interesse aziendale. Quella di Diana Bracco non è l’unico problema di immagine che turba gli umori expottimisti.
Tanto per concludere in "italica filosofia":
Nessun commento:
Posta un commento