Migranti all’interno del Cpa di Cona prima dello sgombero |
Tutto questo in quello che risulta essere un CPA (Centro di Prima Accoglienza) o meglio nel caso specifico un luogo"temporaneo emergenziale" con un'abilitazione dell'ASL per 540 posti invece dei 1400 ospitati.
Una concentrazione abnorme di profughi, tutti in attesa di risposta al riconoscimento del loro status in capannoni sovraffollati, in condizioni di degrado e di annullamento di qualsivoglia volontà positiva.
C'è voluta la morte d'una ragazza ivoriana di 25 anni, Sandrine Bakayoko, e la conseguente protesta dei rifugiati per far conoscere al Paese questa intollerabile contesto.
Come è possibile pensare la sostenibilità di una simile situazione ?
Questa è accoglienza o è solo fare businnes ?
Senza senso da parte del Governo, dinanzi ad un simile disastro parlare a sproposito della riapertura dei Centri Identificazioni e Espulsioni (CIE), così come sono puri sproloqui quelli di coloro che vogliono solo espulsioni di massa.
Il Manifesto denuncia con chiarezza le storture di un sistema d'accoglienza che non funziona, un sistema che genera degrado, tensioni sociali e insano businness.
Fate uno sforzo e leggete con attenzionegli articoli sotto proposti.
Sandrine Bakayoko è morta ufficialmente «per cause naturali» nel
bagno delle donne. Così nell’ex base missilistica di Conetta ieri
mattina ci si preoccupava soprattutto d’altro.
Un centinaio di profughi trasferiti in bus verso l’Emilia, come da
disposizioni del Viminale. La Procura di Venezia concentrata su
danneggiamento, violenza privata e sequestro di persona come ipotesi di
reato per la rivolta dei profughi. Forze dell’ordine di nuovo schierate a
controllare la situazione prima e dopo il «trasloco», la visita dei
parlamentari, l’arrivo dei furgoni con i pasti.
LO STAFF DELLA COOP Ecofficina sotto pressione a
causa dei troppi riflettori accesi su una gestione tutt’altro che
impeccabile. Ma Sandrine è già diventata il simbolo di questa specie di
lager ai margini della piccola frazione di Cona, persa nella nebbia
gelida della campagna veneziana. I profughi ivoriani non la dimenticano
né accettano il modo in cui ha perso la vita, il futuro, le speranze.
Sandrine, 25 anni, diplomata in informatica, un figlio di 8 rimasto
in Costa d’Avorio, si era imbarcata quest’estate con il compagno nelle
coste libiche e da settembre a Conetta aspettavano di essere
riconosciuti come rifugiati. C’è chi dice che abbia interrotto una
gravidanza, ma tutte le testimonianze raccolte all’interno della
tendopoli sono concordi nel descriverla sofferente da giorni. Sandrine
contava di ottenere il «visto» dell’Italia che le consentisse di andare a
Milano per lavorare come parrucchiera. Intanto, si esercitava con le
altre poche donne fra gli oltre 1.400 migranti e tagliava i capelli al
suo compagno. Finché lunedì mattina si è alzata, ha chiesto la chiave ed
è entrata in bagno.
IN BASE AL REFERTO di Silvano Zancaner, medico
legale incaricato dalla Procura, è morta intorno alle 9 per
tromboembolia polmonare massiva bilaterale che non lascia scampo. Gli
esami istologici aggiungeranno altri dettagli clinici a beneficio
dell’inchiesta. Tuttavia, la morte di Sandrine non assolve la coscienza
di tutti. Il Suem 118 ha ricevuto la chiamata ben dopo le 12: cos’è
davvero successo nell’arco di quelle ore? C’è la versione del compagno
della ragazza, che ha convinto il personale ad abbattere la porta del
bagno chiuso a chiave. E la ricostruzione di Simone Borile, direttore
della coop che gestisce Conetta. Tempi di allarme e pronto soccorso che
non sembrano collimare…
UN PO’ COME LA FACCIATA istituzionale del business
sui profughi e la voce di chi nella struttura lavora con scrupoli, dubbi
e difficoltà. Andrea Priante, cronista del Corriere Veneto anche a
beneficio delle grandi firme in pensione, ha raccolto la testimonianza
dei «prigionieri» durante la notte della rivolta innescata dalla morte
di Sandrine. «Piangevamo, chiusi in quella stanza. E poi le risate,
improvvise, isteriche, senza senso. Ma soprattutto ricordo i silenzi,
che erano lunghi e pieni di paura» confessano.
Insieme al divieto di parlare ai giornalisti perché rovinano
l’immagine di Borile & C. Lavorano dalle 9 alle 19 per 1.200 euro al
mese. Sostengono anche che la rivolta era già organizzata prima della
morte di Sandrine. Raccontano di «ex guerriglieri» arrivati a fomentare
gli animi. E garantiscono sulla rapidità dei soccorsi alla giovane
ivoriana con tanto di defibrillatore in attesa dell’auto medica: «La
verità è che, purtroppo, non c’era già più nulla da fare». E nel
pomeriggio la situazione è precipitata con gli ivoriani a guidare la
rivolta all’interno del campo fuori controllo.
UNA NOTTE AL BUIO, al freddo, in 25 dentro un
container appesi ad una candela e alla trattativa condotta dal
funzionario della prefettura. Fino alla liberazione, di corsa verso le
auto ancora bersagliati dalla protesta. Sono rimasti a casa un giorno a
smaltire la paura. «Abbiamo bisogno di questo lavoro, ma non ci sentiamo
al sicuro. Così non si può andare avanti…» concludono. Resta il fatto
che fin da giugno la «campagna LasciateCIEntrare» aveva indicato Conetta
come l’anomalia più clamorosa a Nord Est. Flore Murard-Yovanovitch del
Progetto MeltingPotEuropa sottolinea: «Le negligenze o i maltrattamenti
esistono nei centri di accoglienza forse perché dormi sotto le tende di
un cosiddetto “centro di accoglienza”, costruito in un ex-base militare o
una caserma. Nel caso di Sandrine, dal suo sbarco avvenuto nell’agosto
2016, mentre centri come quello di Cona – che non è un Cas, non è un
Cara, non è un hub – non dovrebbero ospitare soggetti vulnerabili come
donne e bambini o vittima di tratta. Cona è un luogo “temporaneo
emergenziale” che sopperisce alla mancata accoglienza dei Comuni veneti,
i cui sindaci rifiutano di accogliere richiedenti asilo».
Intanto, sabato pomeriggio davanti alla prefettura di Gorizia si è
data appuntamento la «rete antirazzista» che contesta l’ipotesi di
riaprire il Cie di Gradisca d’Isonzo.
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Gli esiti dell'ispezione in loco di un Parlamentare di SeL
La grigia galassia e il "sistema" delle "cooperative" che gestiscono il centro di Cona
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