Riceviamo e pubblichiamo un contributo da parte di MATTEO CAPPELLETTI e MARCO MERONI, due Urbanisti con cui ci siamo confrontati sulle tematiche del CONSUMO DI SUOLO e della PIANIFICAZIONE URBANISTICA.
Si
tratta di riflessioni, che condividiamo, proprio a partire dalla
vicenda CARTONSTRONG, su cui è uscito anche un articolo sul Giornale di
Seregno del 5/03/013 e dal Cittadino del 07/03/013 (vedi in coda).
PIANIFICAZIONE IN SVENDITA
La
ricaduta occupazionale di una nuova opera, sia essa un'autostrada o un centro
commerciale o un complesso residenziale, è argomento da tempo immemore
sfruttato dalla politica per zuccherare o addirittura giustificare progetti
spesso inutili o dannosi per il territorio e per la collettività. A quanto
pare, con la crisi, la posta in gioco si è addirittura abbassata: nuove
edificazioni per mantenere posti di lavoro. La vicenda Cartonstrong rispecchia
la visione tutta italiana dell'urbanistica come strumento asservito ai giochi
dei poteri economici e politici.
A
fronte di una spropositata quantità di immobili produttivi invenduti sparsi in
ogni dove e ad un riutilizzo delle tante aree produttive dismesse inferiore al
12% di quelle disponibili, permettere la rilocalizzazione di stabilimenti
industriali all’interno di aree agricole o aree verdi strategiche non può né
essere validamente giustificato né portare a esiti positivi. Un precedente di
questo tipo infatti, ancor più se permesso da una norma ad hoc, creerebbe un
varco sempre più grande nelle già deboli maglie della pianificazione
territoriale lombarda. In questa maniera si darebbe modo di prevalere ad ancor
più numerosi e pericolosi interessi particolari, aggravando così il processo di
degrado continuo che, a ritmi impressionanti, sta distruggendo da decenni la
più grande risorsa tangibile, sia materialmente che spiritualmente, che
possiediamo: la nostra terra.
Operazioni
simili denotano anche una notevole incapacità di visione economico/insediativa,
favorendo l’inefficienza delle aziende che vengono collocate irrazionalmente in
piccoli insediamenti sparsi e poco serviti, invece di essere concentrate in
aree ben strutturate. Questo non riuscire a massimizzare investimenti, tempi e
costi genera un considerevole svantaggio anche rispetto ai nostri competitori
stranieri spesso supportati da un territorio ben organizzato e valorizzato.
Gli
effetti di una pianificazione costretta a rincorrere pulsioni, avidità e
ignoranza sono oramai da parecchio tempo sotto i nostri occhi, evidenziandosi
sia tra le principali disfunzioni strutturali che stanno rendendo tanto pesante
e lunga la nostra crisi economica, sia tra le cause dirette del deterioramento
della qualità della nostra vita. Le politiche insediative possono avere effetti
positivi tanto sulla realtà economica (e quindi occupazionale) quanto su quella
sociale e personale solo se inquadrate da una progettualità di ampio respiro
che, calibrando con attenzione e lungimiranza ogni opera, parta dalle
peculiarità del territorio per volgere la propria azione al reale interesse
collettivo
Matteo Cappelletti,
Marco Meroni
Da il Giornale di Seregno pagine provinciali |
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