Una pessima notizia. Una notizia che spiega tante cose rispetto ai pesanti cambiamenti climatici che interessano anche il nostro Paese, dove, purtroppo si continua a puntare sugli idrocarburi e il trasporto su gomma.
Alla canna del gas
La febbre da sviluppo
infiamma il pianeta
Ecologia. Le
emissioni di gas serra nel 2013 hanno superato livelli record. Lo
riferisce l'Organizzazione meteorologica mondiale: "Il tempo è scaduto,
le leggi della fisica non sono negoziabili".
I demiurghi della crescita ad ogni costo, i principali
responsabili della catastrofe planetaria, possono ben dirsi
soddisfatti perché nel mondo finalmente c’è qualcosa che cresce
senza limiti: il livello di gas serra nell’atmosfera. La conferma
arriva dall’Annual Greenhouse Gas Bullettin pubblicato dalla World
Meteorological Organization: “Il livello di gas serra
nell’atmosfera ha raggiunto un nuovo picco nel 2013, a causa del rialzo
accelerato delle concentrazioni di biossido di carbonio” (CO2).
Una situazione che costringe la Wmo a lanciare ancora una volta il
solito allarme sottolineando “la necessità di un’azione
internazionale concertata di fronte all’accelerazione dei
cambiamenti climatici, i cui effetti potrebbero essere devastanti,
si dimostra sempre più urgente”.
E le devastazioni non sono il frutto di elucubrazioni
catastrofiste da convegno, basta vedere cosa è accaduto solo pochi
giorni fa nel Gargano, qui in Italia, dove tutti i governi
continuano a perseguire una politica energetica che contribuirà
ad aumentare le emissioni di gas clima alterante. “Alla luce di
questi dati — commentano Roberto Della Seta e Francesco Ferrante
di Green Italia — le ultime misure di politica energetica
dell’Italia appaiono ancora più sconsiderate: l’apertura di una
stagione di trivellazioni petrolifere per aumentare l’utilizzo di
idrocarburi e la scelta di privilegiare il trasporto su gomma
qualificano il governo Renzi come pericolosamente sbilanciato
a favore del fossile e dell’aumento della CO2”. Di punto di non ritorno
e di necessità di un radicale cambio di marcia parla il verde
Angelo Bonelli, che si rivolge al presidente del Consiglio: “In
qualità di presidente di turno dell’Unione europea chiediamo che si
faccia subito promotore di una conferenza sui cambiamenti
climatici in cui l’Europa torni ad essere capofila nella battaglia
per salvare il pianeta”.
Per il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica
mondiale, Michel Jarraud, il tempo è già scaduto. “Sappiamo con
certezza che il clima sta cambiando — spiega — e che le condizioni
meteorologiche diventano più estreme a causa di attività umane
come lo sfruttamento dei combustibili fossili. La
concentrazione di CO2 nell’atmosfera, lungi dal diminuire, l’anno
scorso è aumentata ad un ritmo ineguagliato da 30 anni. Dobbiamo
invertire questa tendenza riducendo le emissioni di CO2 e di altri
gas serra in tutti i settori di attività”. L’appello di Jarraud
è disperato: “Il tempo gioca contro di noi. Il biossido di carbonio
resta per centinaia di anni nell’atmosfera ed ancora più a lungo
nell’oceano. L’effetto cumulato delle emissioni passate, presenti
e future di questo gas si ripercuoterà sia sul riscaldamento del
clima che sull’acidificazione degli oceani. Le leggi della fisica non
sono negoziabili”. Quanto ai “decisori politici”, come li chiama
Jarraud, o ai negazionisti, “essere ignoranti non può più essere
una scusa per non agire”. Il Greenhose Gas Bulletin, infatti, oltre
a misurare la febbre alla terra, fornisce anche le contromisure
per mantenere il riscaldamento globale entro i 2 gradi Celsius
(3,6 gradi Fahrenheit), come stabilito dall’Onu nel 2010.
Un dato è certo: il 2013 è stato l’anno più inquinato degli ultimi
30 anni. Le emissioni che riscaldano il clima sono cresciute del 34%
tra il 1990 ed il 2013 a causa dei gas serra persistenti come il
biossido di carbonio (CO2), il metano (CH4) e il protossido di
azoto (N20). Nel 2013 la media mondiale di CO2 in atmosfera era di
396,0 parti per milione (2,9 ppm in più che nel 2012), e se si dovesse
mantenere questo livello di crescita nei prossimi due anni potrebbe
essere superata la soglia delle 400 ppm. Le emissioni del metano,
secondo gas serra per importanza, per il 60% dipendono da attività
umane (allevamenti di bestiame, sfruttamento combustibili
fossili, discariche, combustione di biomasse): nel 2013 ha
raggiunto un picco di 1.824 parti per miliardo, dopo un periodo di
stabilizzazione che durava dal 2007. Quanto al protossido di
azoto, la cui produzione per il 40% proviene da concimi, biomasse
e industrie, rappresenta il gas più impattante sul clima (su un
periodo di cento anni risulta 298 volte superiore all’impatto
della CO2).
Sono dati che non sorprendono Sergio Castellari, ricercatore
del Centro Euromediterraneo sui Cambiamenti Climatici: “Il
trend delle emissioni è in linea con lo scenario peggiore
elaborato dai climatologi mondiali. La crisi economica ha
rallentato il trend di crescita delle emissioni solo per un paio di
anni, le emissioni oggi sono molto più alte di venti anni fa”. Il tempo
stringe. La prossima occasione di negoziato, in vista della
conferenza di Parigi alla fine del 2015, sarà in Perù nel mese di
dicembre. Ma sarà molto complicato trovare soluzioni legalmente
vincolanti per tutti i paesi, soprattutto per i cosiddetti
“emergenti” come Cina e India che ogni anno emettono le percentuali
più importanti di gas serra (insieme agli Usa). Troppi interessi
divergenti convivono drammaticamente sullo stesso piccolo
pianeta.
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