Un INDECENZA senza fine !
Hanno un nome e un cognome i responsabili dell’indebolimento delle norme per la SICUREZZA e la TUTELA dei lavoratori.
Sono il Governo Berlusconi e il suo Ministro Maurizio
Sacconi.
Con l’ipocrita e falsa giustificazione di semplificare le procedure,
hanno pesantemente modificato in senso PEGGIORATIVO molte norme contenute nel
Decreto Sicurezza sui luoghi di lavoro.
Meno controlli, pene esclusivamente amministrative, l’appaltante
non più responsabile in solido sui subappalti, eliminazione della carcerazione
per datori di lavoro e sottoposti, eliminazione del registro degli infortuni,
cancellazione dell’obbligo a denunciare gli infortuni con prognosi a partire
dai 3 giorni (ora diventano 14). Per i maggiori dettagli, vedi l’articolo sotto
de L’Unità del 11/10/010.
Il tutto nonostante le morti sul lavoro siano un DRAMMA e un MARTIRIO QUOTIDIANO per il
mondo del lavoro.
Ecco cosa intendono quando affermano che “LA SICUREZZA E’ UN
LUSSO CHE NON POSSIAMO PERMETTERCI” (Tremonti).
Lo scopo neanche poi tanto velato, è quello di dare una mano
alle imprese, allentando i vincoli d’una normativa che, seppur ancora non
completamente adeguata, aveva aspetti positivi sui capitoli prevenzione e
controllo.
Oltretutto, a quest’atteggiamento COMPIACENTE, si somma il
vero e proprio OLTRAGGIO d’uno spot governativo che con lo slogan “La Sicurezza
la pretende chi si vuole bene” fa passare il messaggio del lavoratore come
UNICO responsabile della sua sicurezza.
SINISTRA e AMBIENTE
--------------------------------------------
L'articolo de L'UNITA' di Lunedi 11/10/010
--------------------------------------------
L'articolo de L'UNITA' di Lunedi 11/10/010
Tutele
e salute, il «lusso» a
cui stiamo rinunciando
Caduto sul lavoro in un cantiere edile |
Pezzo
per pezzo il governo Berlusconi sta smantellando
le norme per la sicurezza sul lavoro
le norme per la sicurezza sul lavoro
Più
difficili i controlli per stanare le attività irregolari.
Sacconi: «Ora
arrivano i carabinieri»
Meno
controlli, sanzioni più lievi
e vincoli allentati. Con la scusa
di «snellire» il governo Berlusconi
ha indebolito le tutele
per la salute e la sicurezza sul
lavoro.
Le ha cancellate, oppure «omette» di applicarle.
Le ha cancellate, oppure «omette» di applicarle.
FELICIA
MASOCCO
ROMA
Un
ritocco qua, un emendamento là e
lacci e lacciuoli che saltano.
Il risultato è un allentamento strisciante delle norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
Quel «lusso» che, secondo Tremonti, «non possiamo permetterci».
Il risultato è un allentamento strisciante delle norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
Quel «lusso» che, secondo Tremonti, «non possiamo permetterci».
Il ministro
lo disse a fine agosto, poi si corresse.
Restano però i fatti del governo
che tratteggiano un progetto preciso.
Da
quando si è insediato l’esecutivo
non si è mosso direttamente, ma in
modo surrettizio e ha indebolito le
tutele, le sanzioni, i controlli. Si pensi
agli appalti. Sono moltissimi gli infortuni anche mortali che hanno per vittime lavoratori in subappalto.
Eppure è stata cancellata la responsabilità solidale del committente così man, mano che si scende la catena dei subappalti, sparisce la responsabilità in solido per la trasparenza contributiva: in questo modo si facilita il lavoro nero ed è più difficile prevenire (e contare) gli infortuni. Ieri a ricordarlo è stato il deputato pd Cesare Damiano che ha anche accusato il governo di «omissione» visto che non applica le buone leggi che ci sono. O non le applica, o le cancella.
La
prevenzione è una chimera negli appalti al massimo ribasso, dei costi ovviamente. Dopo averla peggiorata, il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha annunciato di voler rivedere la normativa. Damiano, che lo ha preceduto al Welfare nel governo Prodi, gli manda un suggerimento: «Il costo del lavoro (come da contratto) e quello per la sicurezza devono essere conteggiati a parte e non assoggettati alla logica del ribasso».
Nessun ritocco pensato per aumentare la sicurezza sarebbe credibile se non si partisse da qui.
ARRIVANO I CARABINIERI
Ancora sul lavoro irregolare. Il governo Prodi aveva reso obbligatorio comunicare l’assunzione di un lavoratore prima che iniziasse la sua attività. E questo per evitare la pratica ignominiosa di «assumerlo» a infortunio avvenuto. Quante volte si sente dire di una vittima che «era al suo primo giorno di lavoro»? Fandonie. È stato tolto il divieto, sono stati cancellati il libro paga e matricola e introdotto il libro unico del lavoro: i controlli vengono ostacolati. Inseguendo
la semplificazione (per
le imprese) è stato poi disposto che
i datori di lavoro sono tenuti a denunciare
solo gli infortuni con prognosi
superiore a 14 giorni, mentre in
precedenza erano 3.
Inoltre, le lesioni
con prognosi superiore ai 30 giorni
non verranno più segnalate all’autorità
giudiziaria ma all’Inail che le
invierà alla direzione provinciale del
lavoro.
Viene anche abolito il registro
degli infortuni che il datore doveva
tenere. Ancora. È vero che la prevenzione degli infortuni non si fa col tintinnar
di manette, ma le sanzioni sono
un deterrente. Il governo Prodi le
aveva inasprite portando l’arresto a un
massimo di 12 mesi (in pratica raddoppiandolo),
il governo Berlusconi
ha di nuovo dimezzato i tempi.
Anche
le ammende che il governo precedente
aveva fissato a un massimo di
16mila euro, sono state ridotte a un
massimo di 6.400. Prima chi assumeva
in modo irregolare più del 20
per cento del personale o non rispettava
i tempi di lavoro, i riposi, la prevenzione,
rischiava la sospensione
dell’attività. Ora non più.
Passiamo
ai controlli. Erano stati rafforzati
con 1500 nuovi ispettori.
Ora
devono fare i conti con i tagli: con
le auto senza benzina, ad esempio.
E c’è voluta una battaglia furibonda
per impedire che venisse approvata ,
con l’ultima manovra economica, la
norma che che obbligava agli ispettori
in trasferta di non utilizzare l’auto
propria. Tutti in bus?
Ieri Sacconi ha
annunciato un accordo con l’Arma
che conferisce ai carabinieri «un ruolo
maggiore nella lotta agli infortuni
sul lavoro e nella vigilanza». La speranza
è che abbiano auto e benzina.
Le cifre del dramma
Più di mille morti e 790.000 infortuni
Ogni anno un vero e proprio bollettino di guerra, quello relativo ai morti ed agli infortunati sul lavoro.
Il rapporto Inail del 2009 parla di 1.050 decessi e sottolinea anche il dilagare delle malattie professionali.
Un dato ingannevole
Nel 2009 meno incidenti per il calo delle ore lavorate dovuto alla crisi
MARCO VENTIMIGLIA
MILANO
mventimiglia@unita.it
1140 croci a Piacenza per ricordare i caduti sul lavoro |
Un bollettino di guerra che si ripete anno per anno con cifre che se da una parte fanno rabbrividire, dall’altra suscitano sdegno in quello che pretende di essere un Paese civile.
In occasione della “Giornata Nazionale per le Vittime degli Incidenti sul Lavoro”, l’Anmil ha ribadito i tragici numeri relativi al consuntivo 2009 diffusi pochi mesi fa dall’Inail.
L’anno scorso gli infortuni sul lavoro sono stati 790mila, con oltre 1.000 lavoratori che hanno perso la vita, mentre in 886 sono morti a seguito di una malattia professionale nel solo settore dell'industria.
Sono
cifre, ha spiegato l'Anmil che dimostrano che «l'impegno comune finora profuso non è assolutamente sufficiente a tutelare la salute dei lavoratori e per questo bisogna trovare soluzioni che facciano applicare le norme sulla prevenzione».
Il presidente dell’associazione, Franco Bettoni, ha sottolineato come «l'infortunio è un'esperienza che tocca ogni anno quasi 900.000 persone; un'esperienza comunque dolorosa fatta di cure, di rieducazione, di disagio familiare ed economico, dell'
attesa di un indennizzo quasi mai corrispondente alle attese e da “conquistare” a volte in modo laborioso, nonostante l'impegno dell' Inail per snellire, semplificare, venire incontro al lavoratore».
E
tornando ai numeri dell’Inail, offrono davvero uno spaccato raggelante della situazione. Un rapporto annuale che fra l’altro segnale come “apparenti” quelle che in un altro contesto sarebbero apparse tendenze positive.
I 1.050 decessi del 2009 rappresentano sì una significativa flessione rispetto all’anno predente (1.120 morti), che però si spiega con un altro dramma, quello della crisi economica. Infatti, sulla riduzione dei casi registrati e denunciati all'Istituto incide il calo degli occupati (-1,6% per l'Istat) e delle ore effettivamente lavorate, sia per i tagli dello straordinario che per il ricorso alla cassa integrazione. La sola perdita di posti, stima l’Inail, ha determinato una flessione del 3% relativa al rischio corso dai lavoratori italiani.
I LAVORATORI STRANIERI
Qualche nota positiva si è invece registrata relativamente agli incidenti mortali dei lavoratori stranieri, scesi di 39 unità, passando da 189 a 150. Rumeni, marocchini e albanesi sono le comunità che ogni anno denunciano il maggior numero di incidenti, totalizzandone ben il 40%. Se si considerano i casi mortali, la percentuale supera addirittura il 50%: in altri termini,
un deceduto di origine straniera su due, in Italia, proviene da una di queste tre comunità.
Un altro capitolo doloroso è quello delle malattie professionali. Il 2009, sempre secondo le rilevazioni dell’Inail, è stato un anno record: 34.646 denunce, il valore più alto degli ultimi 15 anni, per un aumento del 15,7% rispetto ai 30 mila casi del 2008 e di circa il 30% in 5 anni. Nei vari comparti il triste primato spetta all'agricoltura, con segnalazioni più che raddoppiate in un solo anno (da 1.834 del 2008 a
3.914 del 2009, +113,4%) e triplicate nell'ultimo quinquennio.
Nessun commento:
Posta un commento