Lì si è consumato e si consuma ancora oggi un vero e proprio crimine contro la salute dei lavoratori, allora occupati nella fabbrica dal 1973 proprietà (con altri impianti in Italia) della multinazionale svizzera Schweizerische Eternitwerke AG e contro gli abitanti della città piemontese.
A Casale Monferrato, ancora oggi SI CONTINUA A MORIRE per le conseguenze dell'inalazione di fibre di Amianto, minerale utilizzato in una lega con il cemento (marchio registrato Eternit) per la produzione di lastre, tubi, coperture isolanti, ondulati, serbatoi di contenimento etc.
Ripresa cui si opposero cittadini e corpi sociali, con il sindaco Coppo che nel 1987 emanò un' ordinanza di divieto all'utilizzo di amianto nel territorio di Casale Monferrato sbarrando la strada a qualsiasi ipotesi di riapertura.
Ha causato la morte dei lavoratori che operavano totalmente privi di dispositivi di protezione, dei loro famigliari perchè semplicemente lavavano gli indumenti di lavoro intrisi di fibre di amianto, dei cittadini esposti per l’inquinamento ambientale provocato dalla frantumazione del materiale a cielo aperto, dal trasporto con mezzi scoperti e addirittura per la distribuzione alla popolazione del prodotto di scarto della lavorazione, il cosiddetto “polverino”, usato per stabilizzare terreni spianati o per coibentare sottotetti.
Una serie infinita di decessi per asbestosi e sopratutto per il mesotelioma pleurico, che colpiva e colpisce gli esposti dopo un lungo periodo di incubazione e latenza anche di trenta anni e che ancora oggi causa sul territorio casalese 50 morti all'anno.
A Casale Monferrato, a oggi, si contano più di 2500 vittime per malattie correlate all’esposizione da amianto.
Un dolore e una sofferenza continua per una comunità che non può mettere un punto, un termine a quella che è una vera e propria strage.
Così, con coraggio, in qualità di delegato sindacale nel Consiglio di Fabbrica, sostenuto da padre Bernardino Zanella, un prete operaio, portò quelle morti da silenziose a dominio pubblico, divenendo poi dirigente dell'INCA CGIL e occupandosi delle vertenze contro l'INAIL per il riconoscimento delle malattie professionali.
Capillare fu l'attività sindacale interna alla fabbrica con assemblee per gruppi omogenei per raccogliere le testimonianze di chi stava male.
Bruno Pesce, già sindacalista CGIL e segretario della Camera del Lavoro di Casale ebbe, in tandem con Pondrano, la volontà di applicare l'autonomia territoriale della Camera del Lavoro per far emergere la nocività della fabbrica Eternit e delle sue lavorazioni.
Ottenne nel 1985 una approfondita indagine epidemiologica su tutti i lavoratori occupati in 35 anni, sui loro famigliari e sui cittadini.
Indagine che certificò i numerosi decessi per malattie, tumori polmonari e mesatelioma pleurico da asbesto.
Tre furono i principi su cui si mosse la CGIL di Casale: Giustizia, Bonifica e Ricerca.
Per questo, laddove sorgeva la fabbrica Eternit, demolita e oggetto di una lunga e complicata bonificata è stato realizzato il Parco Eternot il cui nome sta a significare l'impegno della città di Casale Monferrato nella Lotta contro l'Amianto.
Mirella Bertana e Marco Scagliotti hanno parlato del dolore di chi ha perso una persona vicina a causa dell'Eternit, del rischio continuo cui è sottoposto il territorio e della volontà di risanamento e di Giustizia e hanno illustrato la collaborazione di AFeVA con le scuole e l'attività dell' aula interattiva e multimediale “Amianto Asbesto: il coraggio di conoscere, il bisogno di andare oltre” presso il Liceo Balbo di Casale Monferrato.
Dedicata a Paolo Mascarino, sindaco della città dal 1999 al 2009, che si occupò dell’attività di bonifica dello stabilimento Eternit, l’aula è utilizzata da studenti e gruppi, con il sito e i social ed è un archivio vivo, un luogo permanente di informazione, riflessione sull'amianto, la salute, la cura e ricerca, la giustizia, le bonifiche.
Bruno Ziglioli, professore associato di Storia contemporanea nell'Università di Pavia che si occupa di storia dell'ambiente, di storia urbana e di storia dell’antifascismo italiano e ha pubblicato "La mina vagante. Il disastro di Seveso e la solidarietà nazionale" e "Sembrava nevicasse. La Eternit di Casale Monferrato e la Fibronit di Broni: due comunità di fronte all'amianto" , ha relazionato sulla vertenza per la salute e l'ambiente di Casale, frutto dell'onda lunga delle lotte operaie che con l'ottenimento dello Statuto dei Lavoratori consentirono l'emergere della Consapevolezza Operaia e del rifiuto della monetizzazione del rischio sul lavoro.
Il 13 febbraio 2012 il tribunale di Torino condanna in primo grado De Cartier e Schmidheiny a 16 anni di reclusione per "disastro ambientale doloso permanente" e per "omissione volontaria di cautele antinfortunistiche", obbligandoli a risarcire circa tremila parti civili.
Il 3 giugno 2013 la pena viene "parzialmente riformata" in appello e aumentata a diciotto anni con l'obbligo di risarcire la Regione Piemonte con 20 milioni di euro e il Comune di Casale Monferrato con 30,9 milioni di euro.
I cittadini e i lavoratori di Casale non si sono dati per vinti e hanno ottenuto una condanna in appello per Schmidheiny di 9 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo rispettivamente per lesioni colpose aggravate a danno di una parte delle 392 vittime al centro del filone principale del processo Eternit bis.
Ora si andrà in Cassazione per il ricorso dei legali di Schmidheiny.







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