A 44 anni dal disastro della diossina TCDD fuoriuscita dall'ICMESA, una videoconferenza è stata organizzata e proposta dal circolo di Legambiente di Seveso per ricordare il pensiero di Laura Conti, la Memoria e il tempo presente.
Hanno relazionato le docenti universitarie Laura Centemeri (Università di Marsiglia),
Monica Seger (Università William&Mary, Virginia) e Mariateresa
Muraca (Università degli Studi di Verona), insieme a Luana Zanella
(Esecutivo Federazione Verdi Italiani), Damiano di Simine (primo
presidente del circolo Legambiente “Laura Conti” di Seveso) e Alberto
Colombo (Sinistra e Ambiente di Meda).
LAURA CONTI partigiana, medico, ambientalista, politica e scrittrice, ha legato la sua storia e il suo agire alla drammatica vicenda del
10 luglio 1976 ove, la fuoriuscita di diossina TCDD dall'ICMESA di Meda
contaminò vaste porzioni del nostro territorio.
Le analisi, le ricerche e le pubblicazioni di Laura Conti sono state base e ispirazione per la consapevolezza e per le pratiche e le azioni ambientaliste per un Sapere diffuso che continuiamo a perseguire.
Il gruppo di Sinistra e Ambiente di Meda, ha partecipato tra i relatori alla videoconferenza del 10-luglio 2020 proponendo la continuità tra la Memoria, gli scritti e i lavori di Laura Conti sull'ambiente e lo sviluppo insostenibile con il tempo presente.
Un presente dove ancora, in nome dello sviluppo ad ogni costo e del profitto, si vogliono esporre nuovamente cittadini e cittadine al rischio diossina, realizzando un'autostrada laddove il suolo risulta ancora contaminato dalla Diossina TCDD del 1976.
Sotto le slide su cui abbiamo impostato il nostro intervento.
Vi proponiamo inoltre un contributo interessante di Massimiliano Fratter, cittadino di seveso e storico che su quel periodo e sulle cause del disastro ha elaborato molto materiale documentale scrivendo anche un libro.
C'ero.
Ero un bambino in quel “caldo sabato di luglio” del 1976.
Un altro secolo. Un'altra storia. Forse. E ho tre ricordi nitidi. Il giorno dell'incidente con il fischio - durato alcuni secondi - e l'odore. Insopportabile. E che inquinò l'aria per alcune ore, almeno fino a sera.
Un altro secolo. Un'altra storia. Forse. E ho tre ricordi nitidi. Il giorno dell'incidente con il fischio - durato alcuni secondi - e l'odore. Insopportabile. E che inquinò l'aria per alcune ore, almeno fino a sera.
Il
secondo frammento risale a 10 giorni dopo, quando la notizia della fuoriuscita
della nube tossica dall'Icmesa è ormai di dominio pubblico e i miei genitori
decidono di “evacuarmi” (la mia famiglia non dovette lasciare la casa) e mi
portano dagli zii a Meda (!) ma a nord della fabbrica che si trovava proprio al
confine tra i due paesi.
Il vento, al momento della rottura del disco di
sicurezza (sicurezza di chi??) del reparto “B” soffiava in direzione sud,
sud-est. La zona dove abitavano i miei zii non era stata colpita. O, almeno,
non il 10 luglio 1976 perché l'Icmesa produceva e inquinava dal 1948 (i lavori
di costruzione dello stabilimento erano terminati un anno prima) e non c'erano
all'interno dei suoi obsoleti impianti tecnici ventilatori che potessero
dirigere gli inquinanti da Meda verso Seveso. Perché farlo poi?
C'era il fiume
dove scaricare tutto quello che era possibile scaricare e alle lamentele della
popolazione o delle autorità si rispondeva, spesso, con il denaro o con la
minaccia dei licenziamenti. E il posto di lavoro era “sacro” nell'Italia post
seconda guerra mondiale, nell'Italia degli anni '50. Nell'Italia del boom
economico. Oggi.
In fondo quando morivano le pecore o gli animali si pagava e
di tosse non è mai morto nessuno. Questi italiani! Sempre pronti alla lamentela
invece di ringraziare chi aveva portato denaro e benessere! E comunque
all'Icmesa non si inquinava! Parola di Givaudan Hoffman La Roche! Proprietari
che vivevano in Svizzera.
Dove ordine e pulizia sono valori Sacri. E per gli ansiosi da presunto inquinamento c'era sempre il Valium (marchio registrato!) perché Hoffman la Roche teneva (e tiene ancora!) alla salute. E al profitto.
Dove ordine e pulizia sono valori Sacri. E per gli ansiosi da presunto inquinamento c'era sempre il Valium (marchio registrato!) perché Hoffman la Roche teneva (e tiene ancora!) alla salute. E al profitto.
L'ultimo
mio ricordo è legato al periodo successivo e che non può essere collocato in un
periodo preciso. Almeno nella mia mente. Un ricordo fatto di divise e tute.
Erano quelle dei soldati chiamati a pattugliare la zona più contaminata, la
“famigerata” zona A (c'era poi una zona B – non evacuata – e una zona di
Rispetto, con tracce minori di diossina. Io vivevo in quest'ultima area ed ero
“rispettato” quindi!). E quelle degli addetti alla bonifica.
Crescevo e loro
erano lì, parte integrante del mio, del nostro, quotidiano e raccontavano,
evidenziavano, una normalità “altra”. Durata, complessivamente, quasi 10 anni e
che via via cercava di riportare la città ad una vita normale con la fine dei
lavori di bonifica che terminano con la nascita del Bosco delle Querce, avvenuta
nel 1983 e i lavori di costruzione del parco terminati tre anni dopo, nel 1986.
Sono
rimasto. E, poco più ventenne, siamo all'inizio degli anni '90 dell'altro
secolo, incontro un piccolo gruppo di donne e uomini che hanno deciso di
impegnarsi per il bene della Città “adottando” un'area degradata, il Fosso del
Ronchetto. 7,5 ettari lontani dal Bosco
delle Querce ma che rappresentano il desiderio di prendersi cura della città
dove vivono. Seveso, appunto. Sono le socie e i soci del locale circolo di
Legambiente, dedicato a Laura Conti, medica e all'epoca dell'incidente
consigliera regionale in Lombardia e molto vicina alla Comunità.
Lei che arriva
da Milano per cercare di comprendere. Per aiutare. Per proporre. Amata da pochi. Avversata da molti. Lei, donna dalle
posizioni forti e dalle parole chiare su molti temi che la democristiana
Brianza bianca non vuole ascoltare. Di cui non si deve parlare. Meglio tacere.
E lasciar passare il tempo.
E dimenticare: “Un anniversario da dimenticare”.
Così “Il Cittadino”, il settimanale locale cattolico più letto all'epoca,
ricordava il ventesimo anniversario dell'incidente, il 10 luglio 1996. Le
amiche e gli amici del Circolo sostengono invece che la rielaborazione di ciò
che è accaduto nel 1976 e le sue conseguenze è un opportunità di crescita e di
cura di una Comunità ancora dolente.
Nonostante la voglia di rimozione.
Crediamo, perché anch'io mi iscrivo a Legambiente, che la Storia sia uno
strumento di sollievo e alla fine del secolo iniziamo ad elaborare un progetto
che diverrà poi la colonna portante di un percorso durato più di 15 anni. Nasce
il “Ponte della Memoria”. Iniziamo a ricostruire l'archivio sociale della
“vicenda Seveso”. Ascoltiamo storie. Raccogliamo storie. Raccontiamo la Storia.
Entriamo
al Bosco delle Querce. Il parco è aperto al pubblico dal 1996 ma quasi nessuno
lo frequenta. All'inaugurazione l'allora presidente regionale Roberto Formigoni
parla davanti al deserto (tranne le cosiddette Autorità e pochi obbligati non
c'è praticamente anima viva).
Il parco è una sorta di “non luogo”. Io stesso
che abito a poche centinaia di metri dall'ingresso non ci sono mai entrato.
Con
il “Ponte della Memoria” inizia un percorso di rielaborazione e
riappropriazione che porterà alla vera e propria apertura del Bosco nel 2004,
quando, davanti a centinaia di sevesine e sevesini (durante la giornata poi
continuo fu l'afflusso per visitare il percorso appena aperto), viene
inaugurato il percorso della Memoria all'interno del parco, undici pannelli per
non dimenticare. E sono tante le persone
che negli anni donano all'Archivio i propri documenti. Le scuole iniziano a
chiedere di essere accompagnate al Bosco per conoscere. E il progetto trova il
sostegno istituzionale del Comune di Seveso e della Fondazione Lombardia per l'Ambiente,
la Fondazione nata nel 1986 proprio per valorizzare l'esperienza di Seveso e
che, per la prima volta, sostiene economicamente un progetto per la Comunità.
Meglio tardi che mai.
Oggi,
dopo tanti anni dedicati allo studio e alla valorizzazione della Storia della
mia città, sono “lontano”.
Non
racconto più Seveso. E nemmeno il Bosco delle Querce. Altri, se vorranno,
potranno continuare. Non può esistere una narrazione esclusivamente individuale
di una Memoria collettiva. E nemmeno una sorta di unica “voce ufficiale”.
Certamente
c'è, a Seveso, ancora molto lavoro da fare affinché quanto seminato con il
Ponte della Memoria continui a dare buoni frutti.
Da coltivare e per compiere,
finalmente, altri passi in avanti e senza omertà o silenzi rispetto anche agli
angoli meno chiari della vicenda.
O a
quelli, volontariamente, taciuti anche dal sottoscritto – all'epoca
responsabile del Progetto - perché non si dovevano alterare alcuni equilibri
“sensibili”. Il Ponte era sostenuto dal Comune. Dalla Fondazione. La Brianza ha
cambiato colore ma è solo un'apparenza
perché nella propria intimità è sempre rimasta Bianca. Cattolica.
Reazionaria. Ed è meglio non stimolare
nervi ancora scoperti come i risarcimenti o l'aborto (nel 1976 in Italia
l'aborto non era ancora legale ma nella Bianca Seveso furono autorizzati gli
aborti “a scopo terapeutico” con le donne che sceglievano questa strada
sottoposte ad un vero e proprio processo, quasi una tortura. Senza possibilità
di assoluzione.).
Tutto
è Passato. Andiamo avanti. Fino ad un certo punto perché il processo di
pacificazione non troverà pieno compimento fino a quando non si deciderà di
saturare tutte le ferite. Senza tacere. Con i contributi di tutti. Di tutte.
Senza
dimenticare il pericolo che, silenziosamente, incombe sulla Comunità: quello di
un'autostrada che vorrebbe passare dove oggi c'è il Bosco delle Querce.
Sbancare i terreni mai bonificati. Quelli un tempo classificati in “Zona B” e
dove, sotto, si trova la cancerogena diossina. Riportare a Seveso le tute
bianche visto che all'interno del cantiere si dovrà operare in sicurezza.
Quando
scrivo queste righe (giugno 2020) ci sono il progetto definitivo e la volontà
politica di Regione Lombardia ma, per fortuna, non ci sono ancora i fondi.
E,
nel frattempo, osservo il mio territorio
dove, nel bene e nel male, ci sono le mie radici.
La mia vita. E sono
preoccupato. E mi chiedo se tutto quello che abbiamo costruito negli anni sia
stato utile perché, se dovesse concretizzarsi lo scenario devastante
dell'autostrada Pedemontana Lombarda, dovremo rivivere la Storia.
Calerà il
buio. Tornerà per noi l'incubo. E sarà una tragedia. Tutta italiana questa
volta.
Massimiliano Fratter autore del libro "Memorie sotto il bosco"
Qui il documento sull'intitolazione del circolo Legambiente di Seveso a Laura Conti
Qui l'articolo di "L’ambientalismo operaio visto da Seveso" di Laura Centemeri sulle lotte a Seveso per il Sapere diffuso.
Qui il lavoro di Mariateresa Muraca su Laura Conti.
Sinistra e Ambiente - Meda
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Alleghiamo anche i link a documenti di riferimento ripresi e citati durante la videoconferenza.Qui il documento sull'intitolazione del circolo Legambiente di Seveso a Laura Conti
Qui l'articolo di "L’ambientalismo operaio visto da Seveso" di Laura Centemeri sulle lotte a Seveso per il Sapere diffuso.
Qui il lavoro di Mariateresa Muraca su Laura Conti.
Sinistra e Ambiente - Meda
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